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Come fare il 1° Marzo 2014

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UNA SOLA RAZZA, QUELLA UMANA

mercoledì 14 dicembre 2011

RAZZA UMANA
Manifestazione contro l'Italia razzista

Quel che è successo ieri a Firenze non è la conseguenza di un'isolata
follia, ma il prodotto dell'intolleranza promossa dal razzismo
istituzionale. Come accaduto pochi giorni fa a Torino con l'incendio
pianificato di un campo Rom e le violenze contro i Tamil a Palermo,
l'uccisione di due senegalesi e il grave ferimento di un terzo,
mostrano che l'intreccio tra razzismo delle istituzioni e razzismo da
bar continua a produrre il suo orrore. Per la legge Bossi-Fini i
migranti sono solo braccia da sfruttare, da riccattare o da richiudere
in un CIE senza documenti. Questa, anche, è la radice del razzismo
presente oggi in Italia: se è lo Stato stesso a fare dei migranti i
nemici, bisogna alzare la voce contro le leggi sbagliate. Mentre si
discute della finanziaria, vogliamo dire a chi pensa che siano
questioni separate, che senza lottare contro il razzismo istituzionale
non sarà nemmeno possibile uscire dalla crisi e dalla precarietà, che
è stata costruita in questi anni anche sulla pelle dei migranti
legando il permesso di soggiorno al contratto di lavoro.
Anche per questo dobbiamo reagire, tornare in piazza a fianco della
comunità senegalese, dei rom e di tutte le vittime del razzismo:
- per lottare assieme a loro contro la cultura dell'odio,
- per una società multiculturale e solidale, che riconosca i diritti
delle persone e la libertà di circolazione,
- per chiedere a questo governo segnali di discontinuità reali
rispetto alla vergognosa politica di quello che lo ha preceduto.

Aderiamo alla manifestazione di sabato 17 dicembre a Firenze in P.zza
Dalmazia alle ore 15:00 e invitiamo tutti a partecipare

Rete Comitati 1° Marzo

Per la libertà di Adama, contro la legge Bossi-Fini

martedì 29 novembre 2011



Per la libertà di Adama, contro la legge Bossi-Fini


Adama è una donna migrante: come donna ha subito violenza dal suo ex-compagno, come migrante è stata ricattata per anni e poi rinchiusa nel CIE di Bologna quando ha coraggiosamente deciso di denunciarlo. Adama non è nuova al coraggio perché come donna migrante ha lasciato il suo paese e vissuto in Italia da clandestina, fino a che la legge Bossi-Fini non le ha rubato la sua libertà. Come rete Primo Marzo ci uniamo all'appello partito da Migranda, una realtà di donne italiane e migranti nata a Bologna proprio durante la mobilitazione verso lo sciopero del primo marzo 2011, per la liberazione immediata di Adama. 
Ci impegniamo a continuare questa lotta fino alla liberazione di Adama e fino a che nessun migrante sia più rinchiuso in un centro di detenzione perché privo di documenti. Nel pretendere la liberazione di Adama non dimentichiamo infatti che se lei è oggi prigioniera in un CIE è per colpa della legge italiana, prima Turco-Napolitano, oggi Bossi-Fini, che hanno istituito i CIE e criminalizzato chi si ritrova senza un permesso di soggiorno. Chi oggi si stupisce di questa situazione è bene che apra gli occhi e abbia il coraggio di trarne le dovute conseguenze. Per questo nel chiedere la sua liberazione ci impegniamo a continuare la lotta per l'abrogazione della legge Bossi-Fini, la chiusura di tutti i CIE e la rottura del legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro che rende ricattabili tutti i migranti, nelle case, nelle famiglie, sul posto di lavoro. Questa situazione danneggia anche chi non è migrante rendendo ogni diritto più debole e ogni lavoro più precario. Questa lotta andrà condotta insieme ai migranti in tutta Italia e in tutta Europa, perché sappiamo che i centri di detenzione e il legame tra permesso e lavoro sono parte dalle politiche europee contro i migranti. Per questo rivolgiamo un appello anche a tutte le reti europee, a partire da quelle che hanno costruito le mobilitazioni per il primo marzo, per iniziare da qui a costruire una nuova Europa.

Cronaca della giornata del 2 novembre a Imola

lunedì 7 novembre 2011


Sul ponte delle Acque (accesso all’autodromo) le auto, le biciclette e i pedoni passano appena curiosi di noi che attacchiamo lo striscione del 1° Marzo ad una delle balaustre. Nello striscione, giallo, c’è scritto: “Solo il razzismo ci è straniero”.
Sul parapetto di fronte, invece, mettiamo in fila e fissiamo i cartelli che compongono, ognuno con una lettera, la scritta RAZZA UMANA. E’ un’idea nata per il 1° Marzo 2010 e da allora i cartelli ci accompagnano in ogni iniziativa pubblica del Comitato ad Imola.
Mettiamo i lumini in fila sulla balaustra fino al centro del ponte, sotto al lampione che raggiungeremo quando sarà il momento di lanciare i fiori e i petali. Apriamo il quaderno (in caso qualcuno voglia scrivere un pensiero…), prepariamo il megafono, aspettiamo le cinque. Il sole, intanto, tramonta.
Abbiamo diffuso la notizia anche con un volantino che diceva: “… Porta un fiore e raggiungici sul ponte, la morte di 17.856 persone ti riguarda…”.
Puntualissimi iniziamo la lettura delle 25 pagine tratte dalle 111 che Gabriele Del Grande ha redatto dal 1° novembre 1988 al 27 settembre 2011 sul suo blog, “Fortresse Europe”, segnando meticolosamente tutte le notizie di morti migranti alle frontiere europee, specie nel Mar Mediterraneo.
Venticinque pagine “soltanto” perché abbiamo selezionato quelle che citano direttamente l’Italia, anche come meta, o il territorio italiano, escludendo i morti attorno a Malta, molto probabilmente annoverabili tra i morti verso l’Italia.
La lettura, al megafono, è accompagnata dal suono di un tamburo e un sax. Le persone arrivano e in effetti ognuna porta almeno un fiore. Molti si conoscono ma è difficile conversare sotto il racconto ininterrotto di quelle morti e delle più tragiche ma anche assurde circostanze che le hanno procurate. Così il silenzio prevale tra le persone mentre si fa buio e i lumini risplendono e le auto passano frenando un poco per cercare di capire cosa stia succedendo.
Trasmettiamo sicuramente un’immagine di commemorazione, se non altro per i fiori (molti crisantemi) e per le candele, ma di chi siano i morti che, lì sul ponte, andiamo ricordando, diventa difficile da interpretare.
Sono morti sconosciuti e senza nome e, quel che è forse ancor peggio, molte volte negati, rimossi, cancellati.
Siamo in pochi, al massimo in quaranta, e il corteo che a un certo punto si muove verso il centro del ponte è un’unica ombra scura non troppo grande. Cadono uno alla volta ma anche assieme fiori e petali giù nell’acqua, mentre l’elenco del numero dei morti continua da lontano. Immaginiamo che il fiume porti i nostri fiori al mare, sapendo bene che non sarà così. E anche se davvero qualcuno dei nostri fiori arrivasse all’Adriatico, raggiungerebbe una parte di quel Nostro Mare lontana dalle tragedie di cui stiamo ascoltando, da quei disperati, grandi e bambini, maschi e femmine, aggrappati alle reti per i tonni, mangiati dai pesci e accatastati sopra le tubature dei gasdotti.
Ma nessun luogo è così lontano da non poter essere raggiunto dalla nostra coscienza e la tragedia di queste morti, non solo per il numero, ma soprattutto per le cause, è così grande e sporca che la vergogna immensa e inarrestabile inquina tutto questo mare e risale i fiumi e arriva fino a noi.


Dal quaderno:
… in fondo al mare abbiamo lasciato un pezzo della nostra umanità… nessun voto ai politici che non si impegnino a dare diritti di cittadinanza… è questa indifferenza ad essere tragedia nella tragedia… questo “nostro mare” spazio di speranza e spazio di morte… siamo tutti migranti… ci vuole musica per continuare ad ascoltare l’elenco dei fatti e dei nomi… non si può morire così cercando la vita e la libertà… fiori e petali scivolano leggeri nelle acque del mio fiume: ma il cuore non si alleggerisce… si cantava una volta: “Nostra patria è il mondo interno, nostra legge è la libertà”. Torneremo a cantarlo? Non voglio nessuna frontiera…

Associazione Giù le frontiere
Rete primo marzo Imola

2 Novembre - Per non dimenticare mai

martedì 1 novembre 2011


PER NON DIMENTICARE MAI

GIORNATA DELLA MEMORIA PER I MIGRANTI MORTI

Questa giornata nasce dal desiderio di NON DIMENTICARE MAI i migranti vittime e colpevoli di aver osato cercare un luogo dove vivere meglio.
Dal 1988 sono morti circa 17856 persone nel tentativo di varcare le frontiere dell'Europa. In maggioranza giovani, hanno lasciato il paese di origine in un viaggio di non ritorno. E' lecito domandarsi dove questi giovani siano finiti. 
Da anni infatti, alcune famiglie dall'Africa, dall'Asia, dal sud del mondo continuano ad interrogarsi su queste misteriose scomparse ma il loro appello finisce nel totale disinteresse delle istituzioni dei paesi d'origine e di tutta la stampa e comunità internazionale.
Trappole, centri di detenzione e barriere alle frontiere vengono costruite per fermare il flusso di essere umani dal sud al nord. I migranti vengono cinicamente respinti, lasciati morire, resi oggetto di ogni violenza, privati della loro libertà, confinati. Il mar mediterraneo che per gli  italiani è soprattutto luogo di mete turistiche, è per gli immigrati provenienti dalle sponde africane luogo di tragedia, violenza e morte.
 Splendidi luoghi naturali quali il deserto del Sahara, il monte Sinai e tanti altri sono diventati testimoni di stragi di innocenti per sostenere un sistema politico-economico-culturale sempre più in decadenza.
Perché tanto silenzio intorno a queste vittime della politica delle frontiere? In tempo di crisi c'è chi pensa che parlare di migranti sia inutile. Mai come in questo momento occorre essere tutti uniti per ricreare un nuovo sistema che non lasci nessuno indietro! Essendo una mancata presa di posizione,il silenzio è il peggior complice di questa tragedia e contribuisce ad aumentare la xenofobia.
Promuoviamo il 2 novembre, un evento laico, inter-religioso, internazionale, non-violento, affinchè possa risvegliare la coscienza umana che si oppone alle logiche perverse di coloro che, in nome di un nuovo ordine mondiale, in realtà stanno operando per creare una restaurazione che ci coinvolgerà tutti e ci renderà più poveri e meno liberi.
Bastano pochi secondi con un pensiero, una candela accesa, una parola, un fiore,un piccolo gesto, per far rivivere in questa giornata quelli che sono scomparsi.
In alcune località d'Italia intere comunità si fermeranno per richiamare la nostra attenzione sulle vittime di un sistema mondiale repressivo, nel quale il migrante è diventato il capro espiatorio.
E' il caso di Imola con un appuntamento sul ponte delle acque, organizzato dal comitato primo marzo e dall'associazione Giù le Frontiere: molte persone si ritroveranno  per spargere petali di fiori nel fiume;nel cimitero di Lampedusa (nell'angolo delle vittime senza nome) e nei diversi luoghi di culto in tutta la penisola si potranno depositare fiori e accendere una candela. 
Aderisci anche tu a questa giornata in memoria dei migranti per NON DIMENTICARE MAI.

I CIE galleggianti di Palermo

domenica 25 settembre 2011

Si è svolto oggi, domenica 25 settembre nel pomeriggio, un presidio per chiedere l’immediata liberazione dei migranti detenuti illegalmente sulle navi ormeggiate al porto di Palermo e provenienti da Lampedusa. Dopo aver sostato all’ingresso principale antistante Via Amari, il presidio si è successivamente spostato verso i Cantieri navali.
La Rete Primo Marzo ha sempre denunciato la detenzione dei migranti nei CIE, chiedendone la loro chiusura in quanto violano i diritti umani e non sono compatibili con la Carta Mondiale dei Migranti ratificata a Gorée in Senegal lo scorso febbraio e adottata dal Movimento. Le navi su cui sono attualmente trattenute le persone rappresentano a tutti gli effetti dei CIE “galleggianti”, tanto è vero che nessuno vi può accedere, eccetto parlamentari nazionali e regionali, e le organizzazioni che hanno una convenzione con il Ministero per attività interne.
In continuità con l’iniziativa LasciateCIEntrare nazionale e internazionale che intende reclamare il diritto ad accendere i riflettori su queste strutture e sulle persone che vi sono trattenute, il deputato siciliano Tonino Russo ha potuto accedere alle due navi ancora presenti nel porto. Secondo quanto riferito, i migranti - pare non soltanto di nazionalità tunisina - sarebbero 352, di cui 151 sulla Moby Audacia e 201 sulla Moby Vincent. Tra questi alcuni malati e feriti si trovano attualmente all’ospedale Civico di Palermo. Alle persone non viene fornito nessun oggetto contundente che possa essere utilizzato per atti di autolesionismo.
Purtroppo anche qualsiasi possibilità di comunicazione con l’esterno viene preclusa dal ritiro di tutti i telefoni cellulari. D’altra parte, secondo quanto riferito dallo stesso deputato, alle persone trattenute non viene fornita un’informazione chiara sulla loro destinazione e sul loro futuro.

La Rete Primo Marzo chiede:
- che vengano rispettati i diritti fondamentali delle persone secondo la Carta Mondiale dei
Migranti e il Diritto nazionale e internazionale;
- che venga rispettato il Diritto di libera circolazione;
- che a tutte le persone attualmente trattenute sulla navi venga riservata un’accoglienza
dignitosa e secondo quanto previsto dalla legge;
- che l’informazione possa liberamente circolare dall’esterno all’interno e viceversa;
- che il Governo renda pubblici i contenuti degli accordi di respingimenti con la
Tunisia e con gli altri Paesi di provenienza dei migranti.
 

Carta dei diritti dei Migranti, se ne parla a Cesena

giovedì 7 luglio 2011

È stata scritta dai migranti di tutto il mondo sulla base delle loro esperienze di migrazione. Contiene principi fondamentali quali la libertà di movimento delle persone in tutto il pianeta e il riconoscimento della cittadinanza, fondato sulla residenza e non sulla nazionalità. Si tratta della Carta Mondiale dei Migranti, approvata il 4 febbraio 2011 nell’Isola di Goré, in Senegal, in occasione del Forum Sociale Mondiale.

isola Goré2

Il documento – che è ora oggetto di una campagna mondiale di sensibilizzazione che dovrebbe sfociare in una sua presentazione all’Onu – sarà al centro di un dibattito che si terrà sabato 9 luglio a Cesena, nell’ambito della Festa Democratica Nazionale Immigrazione, dal 1 al 17 luglio.

Partner dell’evento, Afriradio.it, prima web-radio italiana interamente dedicata all’Africa, trasmetterà in diretta l’incontro, a partire dalle ore 21.

Il dibattito sarà moderato da Gabriella Guido, della Rete Primo Marzo. All’incontro interverranno:
  • Jean Léonard Touadi, deputato PD originario del Congo
  • Alex Zanotelli, missionario comboniano ed ex direttore di Nigrizia
  • Marcella Lucidi, responsabile Immigrazione Fondazione Italianieuropei
  • Sarah Klingeberg, Carta Mondiale dei Migranti
  • Edda Pando, rappresentante ARCI
  • Fulvio Vassallo, rappresentante ASGI
  • Stefano Galieni, giornalista del quotidiano “Liberazione”

Cie "vietati" ai giornalisti, conferenza stampa a Roma

CIE: DIVIETO DI ACCESSO ALLA STAMPA ED AI DIRITTI CIVILI

Conferenza stampa

Venerdì 8 luglio – ore 10.45

Sala della Stampa estera - Via dell’Uniltà, 83 C

Con una circolare interna, la n. 1305 del 01.04.2011 il Ministro dell’Interno Roberto Maroni ha vietato ai giornalisti l’ingresso nei centri per migranti, sia in quelli di accoglienza sia in quelli di detenzione. Questo divieto costituisce un bavaglio per tutta la stampa, italiana e internazionale, che non può verificare il rispetto dei diritti umani all’interno dei centri di identificazione e di espulsione e le condizioni dei richiedenti asilo nei centri per i rifugiati. Non si può esercitare il diritto di cronaca su un tema così rilevante in ambito nazionale ed europeo, quale quello dell’immigrazione.

In alcuni Cie, le visita di parlamentari e le ispezioni di associazioni umanitarie hanno lanciato l’allarme per la situazione inaccettabile, destinata a peggiorare con l’estensione della reclusione da sei a 18 mesi.

La Federazione Nazionale della Stampa Italiana e l’Ordine nazionale dei giornalisti hanno scritto ed inviato in data 14 giugno 2011 una lettera congiunta indirizzata al ministro Maroni in cui chiedevano un incontro sulla circolare che “limita il dovere di informare liberamente i cittadini, in ottemperanza all’articolo 21 della Costituzione” , in violazione del diritto di libertà di stampa.

Non avendo avuto risposta, viene lanciata una giornata di mobilitazione nazionale, con manifestazioni davanti ai principali Cie italiani, in cui giornalisti e parlamentari cercheranno di entrare nei centri per migranti. I contenuti saranno illustrati nel corso di una conferenza stampa, aperta anche ai giornalisti italiani, convocata per venerdì 8 luglio alle ore 10.45 presso la Stampa Estera, Via dell'Umiltà 83,C.

Promotori dell’iniziativa sono:

FNSI, Ordine dei Giornalisti, ASGI, Rete PRIMO MARZO, OSF - Open Society Foundations , European Alternatives, Articolo 21, e i Parlamentari Rosa Vilecco Calipari, Giuseppe Giulietti e Jean Leonard Touadi.

Hanno sinora aderito:

On. David Sassoli (capogruppo del Pd al Parlamento europeo)

On. Furio Colombo – Presidente Comitato per i Diritti Umani - Camera dei Deputati

On. Fabio Granata (FLI)

On. Leoluca Orlando (IDV)

On. Vincenzo Di Stanislao (IDV)

Gruppo al Consiglio Regionale del Lazio della Federazione della Sinistra

Interverranno inoltre giornalisti italiani che hanno fatto regolare richiesta di visita nei CIE e ai quali è stato negato l’accesso, ma che sono riusciti a documentare la situazione degli immigrati con interviste e video “non autorizzate”

Nel corso della conferenza stampa verranno esaminati i seguenti punti:

-Circolare n. 1305 del Ministero dell'Interno in data 01.04.2011 - a violazione del diritto di informazione e mancata risposta di Maroni - FNSI e Ordine dei Giornalisti;

- la situazione inaccettabile di alcuni CIE italiani e l'irregolarità della posizione del governo italiano rispetto all'adeguamento con la normativa europea in tema di allontanamenti - Testimonianze di giornalisti e interventi di deputati;

- la situazione particolare che verrà illustrata da Hedwig Zeedijk attinente i cittadini immigrati e detenuti nei CIE nonostante siano legalmente coniugati con cittadini europei;

- Lancio della giornata di mobilitazione di stampa e parlamentari nei CIE italiani;


Per ulteriori informazioni e contatti:

PRIMO MARZO – Gabriella Guido 329.8113338 – email: ggabrielle65@yahoo.it

Per la stampa estera - Hedwig Zeedijk – 348.3001639 – info@hedwigzeedijk.com

L'Italia sono anch'io, per una nuova cittadinanza

giovedì 23 giugno 2011

La Rete Primo Marzo è tra i promotori della campagna L'Italia sono anch'io per una nuova legge sulla cittadinanza (basata sullo ius soli) e per il riconoscimento del diritto di voto amministrativo agli immigrati che vivono in Italia da più di 5 anni. A seguire, il manifesto della campagna che può essere scaricato in pdf cliccando qui.

«Le persone di origine straniera che vivono in Italia sono oggi circa 5 milioni (stima Dossier Caritas Italiana Fondazione Migrantes al 1° gennaio 2010), pari all’8 % della popolazione totale. Di questi un quinto circa sono bambini e bambine, ragazzi e ragazze. Nati in gran parte in questo Paese, solo al compimento della maggiore età si vedono riconosciuto il diritto a chiederne la cittadinanza. Il luogo di provenienza dei loro genitori è lontano, spesso non ci sono mai stati. A loro, alle loro famiglie, vengono per lo più frapposte soltanto barriere. Limitazioni insormontabili e ingiustificate, che danno luogo a disuguaglianze, ingiustizie e persecuzioni.

L’articolo 3 della nostra Costituzione stabilisce il principio dell’uguaglianza tra le persone, impegnando lo Stato a rimuovere gli ostacoli che ne impediscano il pieno raggiungimento. Ma nei confronti di milioni di stranieri questo principio è disatteso.

Noi, uomini e donne che considerano l’uguaglianza valore fondante di ogni democrazia e la decisione di persone di origine straniera di diventare cittadini/e italiani/e una scelta da apprezzare e valorizzare, siamo convinti che la battaglia per il riconoscimento dei diritti di ogni individuo sia decisiva per il futuro del nostro Paese.

Tutti e tutte dobbiamo assumercene la responsabilità e operare perché l’Italia sia più aperta, accogliente e civile. Per questo ci impegniamo a:

1. Promuovere in ogni ambito l’uguaglianza tra persone di origine straniera e italiana.

2. Agire a tutti i livelli affinché gli ostacoli che impediscono la piena uguaglianza tra italiani e stranieri vengano rimossi, determinando le condizioni per la sua concreta realizzazione.

3. Promuovere la partecipazione e il protagonismo dei migranti in tutti gli ambiti sociali, lavorativi e culturali. Siamo infatti convinti che esercizio della cittadinanza significhi innanzitutto possibilità di partecipare alla vita e alle scelte della comunità di cui si fa parte.

4. Avviare un percorso che porti alla presentazione in Parlamento di due proposte di legge di iniziativa popolare:

- una proposta di legge che riformi la normativa sulla cittadinanza, aggiornando i concetti di nazione e nazionalità sulla base del senso di appartenenza ad una comunità determinato da percorsi condivisi di studio, di lavoro e di vita;

- una proposta di legge che riconosca ai migranti il diritto di voto nelle consultazioni elettorali locali, quale strumento più alto di responsabilità sociale e politica.

A sostegno di quanto proposto, ricordiamo che la Convenzione europea sulla Nazionalità del 1997 già chiedeva agli Stati di facilitare l’acquisizione della cittadinanza per “le persone nate sul territorio e ivi domiciliate legalmente ed abitualmente”.

Sentiamo l’urgenza di riportare il tema della cittadinanza all’attenzione dell’opinione pubblica ed al centro del dibattito politico; per farlo, intendiamo impegnarci con una raccolta di firme e l’organizzazione di eventi e iniziative capaci di sollecitare organizzazioni e singoli a dar vita ad un movimento trasversale e unitario sul tema del diritto di cittadinanza.

Facciamo appello alle Istituzioni, alle forze politiche e sociali, al mondo del lavoro e della cultura, a tutte le persone che vivono in Italia, affinché ognuno svolga il ruolo che gli compete per costruire un futuro di convivenza, giustizia e uguaglianza in cui a ogni individuo che nasca e viva nel nostro Paese sia consentito di essere a tutti gli effetti cittadino/a italiano/a.

Comitato promotore

ARCI, ACLI, ASGI – ASSOCIAZIONE PER GLI STUDI GIURIDICI SULL’IMMIGRAZIONE, CARITAS ITALIANA, CENTRO ASTALLI, CGIL, CNCA - COORDINAMENTO NAZIONALE DELLE COMUNITÀ D’ACCOGLIENZA, COMITATO 1° MARZO, EMMAUS ITALIA, FCEI - FEDERAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE IN ITALIA, FONDAZIONE MIGRANTES, LIBERA, LUNARIA, IL RAZZISMO È UNA BRUTTA STORIA, RETE G2 – SECONDE GENERAZIONI, TAVOLA DELLA PACE E COORDINAMENTO NAZIONALE DEGLI ENTI PER LA PACE E I DIRITTI UMANI, TERRA DEL FUOCO, UGL SEI, CARLO FELTRINELLI, editore, GRAZIANO DELRIO, sindaco Reggio Emilia (presidente)

Per adesioni:

info@litaliasonoanchio.it tel. +39 348 655 4161

A proposito di Cie

lunedì 20 giugno 2011

Dal suo esordio la rete “Primo Marzo” ha chiesto la chiusura dei Cie considerando la loro esistenza inaccettabile sul piano umano e incompatibile con lo stato di diritto: queste strutture limitano infatti la libertà personale di donne e uomini migranti in nome di una violazione puramente amministrativa e sono teatro di molteplici illegalità quotidiane. Esse hanno dimostrato anche di essere incapaci di servire al loro scopo dichiarato e spaventosamente costose.

Alla luce di questi dati obiettivi, la decisione di prolungare fino a 18 mesi il periodo di trattenimento degli “ospiti” dei Cie – che sono a tutti gli effetti dei reclusi - si palesa nella sua totale irrazionalità e dimostra l’assenza di serie politiche migratorie in Italia.

Riproponendo costantemente la logica dell’emergenza il governo tenta di recuperare consensi e colpisce, attraverso il razzismo istituzionale, i quasi cinque milioni di migranti che vivono e lavorano in Italia.

Inaccettabili appaiono anche le recenti circolari che inibiscono ulteriormente agli operatori dell’informazione, agli amministratori locali, alle associazioni di sostegno dei migranti, la possibilità di accedere a detti luoghi per verificare cosa effettivamente accada lì dentro.

Per tale ragione torniamo a chiedere che i Cie vengano chiusi e sosteniamo le iniziative di denuncia, di ispezione e di mobilitazione civile intraprese da alcuni giornalisti e dall'ASGI e prontamente raccolte dalla FNSI, dall’Ordine dei Giornalisti e da un nutrito gruppo di parlamentari.

I comitati territoriali “Primo Marzo” si attiveranno laddove saranno organizzate iniziative di mobilitazione e di sensibilizzazione attorno a questo tema. A partire dalla mobilitazione contro precarietà e razzismo istituzionale del 25 giugno

Appello per una mobilitazione nazionale dei migranti

Appello per una mobilitazione nazionale dei migranti e con i migranti, contro il razzismo istituzionale e contro la precarietà

La clandestinità non è più un reato penale! La Corte di Giustizia europea ha cancellato la possibilità di arresto per i migranti e delle migranti che non lasciano il paese dopo un’espulsione. La circolare Manganelli non dovrebbe esistere più! Il Consiglio di Stato ha di fatto riaperto la questione della sanatoria “truffa” del 2009, segnando una significativa vittoria per il movimento dei migranti che ha lottato per mesi per la regolarizzazione di tutti coloro che avevano fatto domanda.Eppure, il Ministro Maroni ha nuovamente bloccato le pratiche dei migranti colpiti dalla cosiddetta circolare Manganelli, e minaccia anche di reintrodurre il reato di clandestinità per decreto.

Intanto la Bossi-Fini continua a funzionare a causa del legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, dentro la crisi economica. È la schiavitù dei pezzi di carta: avere quel pezzo di carta che si chiama permesso di soggiorno è un percorso a ostacoli tra incertezza e arbitrio. Prima di ottenerlo, passano molti mesi in cui la vita dei migranti è legata al pezzo di carta della ricevuta postale che attesta la richiesta di rinnovo. E il pezzo di carta del permesso di soggiorno lo si può rinnovare solo se in tasca si hanno altri pezzi di carta: un reddito sufficiente che testimoni che si hanno i mezzi per restare. Un pezzo di carta che si compra con altri pezzi di carta, al prezzo dello sfruttamento. Ai migranti è poi chiesta la residenza, ma anche la residenza diventa un pezzo di carta difficile da ottenere se nella crisi si perde la casa, o se la casa non si mai avuta.

Non è solo avere o non avere un permesso di soggiorno a determinare la precarietà migrante. Difficoltà burocratiche, tempi di attesa, l’intermediazione delle Poste, assenza d’informazioni sicure, brevità dei permessi per ricerca lavoro, validità parziale delle ricevute postali, maltrattamenti, sono tutti elementi che contribuiscono a determinare una condizione di precarietà che dal lavoro si estende a tutta la vita. D’altra parte si tratta di una scelta politica, e lo dimostra il fatto che i permessi di soggiorno per motivi umanitari rilasciato per una parte dei migranti sfollati da Lampedusa sono stati rilasciati dal Governo, dopo un accordo con Poste Italiane e la Zecca di Stato, in pochi giorni e a costo zero. Il punto è che su questa precarietà imposta dall’alto fanno profitti i datori di lavoro e su di essa si fonda anche la gestione della crisi e del welfare: sulle donne migranti impiegate nelle case si scarica il taglio ai servizi sociali; i contributi versati all’INPS da tutti i migranti servono per coprire i buchi, mentre la maggior parte dei migranti questi soldi non li vedrà mai perché la legge rende quasi impossibile un’esistenza regolare.

Il lavoro migrante è stato per anni il laboratorio della precarizzazione e continua a esserlo, perciò questi problemi non riguardano solo i migranti, ma sono parte di un ricatto che si estende a tutti i lavoratori e le lavoratrici: la precarietà è la condizione comune che ci divide, e la prima divisione che viene creata è proprio quella tra migranti e non migranti, tra chi dipende dal razzismo istituzionale per poter accedere ad ogni servizio e chi no, tra regolare e clandestino, tra chi può essere rinchiuso in un CIE e chi no.


Per questo diverse realtà che hanno partecipato agli Stati Generali della precarietà 3.0 lanciano per tutta la seconda metà di giugno una campagna di mobilitazione nazionale articolata sul piano territoriale e che avrà il suo culmine il prossimo 25 giugno. Dopo le recenti e diffuse mobilitazioni sul piano locale sulla vicenda della sanatoria truffa e la gestione dei permessi di soggiorno, la minaccia del ministro degli Interni di reintrodurre il reato di clandestinità per decreto e i gravissimi fatti che riguardano il CIE di Santa Maria Capua Vetere, invitiamo tutte e tutti a manifestare con noi. Puntiamo a una mobilitazione che punti dritto al nodo principale attraverso cui passa il razzismo istituzionale: la gestione dei permessi di soggiorno da parte del Ministero degli Interni attraverso le Questure. Vogliamo una mobilitazione che veda migranti e non migranti insieme, perché lottare contro il razzismo istituzionale significa lottare contro la precarietà di tutte e tutti e dire basta a quei pezzi di carta che pretendono di renderci schiavi!

Nelle diverse iniziative, manifesteremo per:

▪ la regolarizzazione e il rilascio di titolo di viaggio per chi arriva in Italia sprovvisto di passaporto o è presente irregolarmente;

▪ la regolarizzazione dei migranti coinvolti nella sanatoria truffa 2009;

▪ il mantenimento del permesso di soggiorno per chi perde lavoro nella crisi e il prolungamento del permesso per ricerca lavoro;

▪ lo sveltimento delle procedure di rinnovo e di ricongiungimento familiare da parte delle Questure;

▪ il rilascio di permessi la cui data di validità parta dalla consegna e non dal momento della domanda;

▪ il rilascio del certificato di residenza per chi vive in occupazioni o strutture di accoglienza;

▪ la fine della detenzione amministrativa e la chiusura dei CIE.

Facciamo appello a tutte e tutti perché la giornata affermi un cammino comune contro le divisioni imposte dalla precarietà e dal razzismo istituzionale.

Promuovono:

Stati Generali della Precarietà, Associazione Diritti per Tutti Brescia, Immigrati Autorganizzati Milano, Coordinamento migranti Bologna e provincia, Rap-rete di attivazione del pensiero-gruppo inkiesta di Roma, Comitato No Pacchetto Sicurezza Reggio Emilia, Rete Antirazzista Napoletana, Collettivo No Border Napoli, Coordinamento Antirazzista "Chiudiamo il Cie Andolfato", Movimento lotta per la casa Firenze, Spazio interculturale autogestito Kulanka, Rete Insicuri, Comitato Primo Marzo Roma, Comitato Primo Marzo Napoli, Comitato Primo Marzo Palermo, Comitato Primo Marzo Firenze, Comitato Primo Marzo Modena, Comitato Primo Marzo Imola, Comitato Primo Marzo Bolzano, Comitato Primo Marzo Pordenone, Comitato primo marzo Trieste, Rete Primo Marzo.

Per adesioni sgp.migranti@gmail.com

Nei CIE per 18 mesi, follia crudele prima di Pontida

sabato 18 giugno 2011

“SUI MIGRANTI GOVERNO HA APPROCCIO REPRESSIVO”

Cécile Kyenge Kashetu, portavoce nazionale della Rete Primo Marzo in merito al provvedimento del Governo che estende la permanenza nei CIE dei migranti a 18 mesi.
“Ciò che sta succedendo in Italia sulle politiche dell'immigrazione è vergognoso e da condannare, in quanto lede fortemente i diritti fondamentali della persona. Di fronte al fallimento della politica migratoria del centrodestra, gli ultimi provvedimenti confermano le difficoltà del governo a individuare soluzioni per l’accoglienza dei migranti. Perseverano con l'approccio repressivo, nel tentativo disperato di riconquistare il proprio elettorato”.

"L'ultimo provvedimento del governo di trattenere i migranti nei CIE fino a 18 mesi, approvato prima dell'appuntamento della Lega Nord a Pontida, ci conferma che sono i migranti a pagare per i giochi di potere della destra. La vita dei migranti è diventata merce di scambio: si alimenta la guerra tra poveri, in un clima di crescente precarietà, invece di ristabilire le condizioni basilari di una vera convivenza civile”.
I CIE, come tutte le strutture che ledono i diritti fondamentali della persona, andrebbero chiusi. Così hanno chiesto e chiedono milioni di cittadini da decine di stati, richiesta contenuta nella “Carta Mondiale dei Migranti”, elaborata a Gorée nel mese di febbraio 2011”.
“Sulla base delle situazioni vissute dai migranti nel mondo, la nostra ambizione è di far valere il diritto per tutti di circolare e stabilire liberamente la propria residenza sul nostro pianeta e contribuire a costruire un mondo senza muri”.
“Sulla base di principi contenuti appunto nella “Carta Mondiale dei Migranti”, sosteniamo le iniziative sul territorio che promuovono i nuovi diritti, nell’ottica di costruire un’ampia alleanza tra migranti e autoctoni, e denunciando ogni forma di discriminazione e in particolar modo il razzismo istituzionalizzato (come tutti gli ultimi provvedimenti del governo che rendono ricattabili i migranti, indebolendo la cittadinanza di tutti e tutte)”.

La Carta dei diritti dei Migranti debutta a Milano

martedì 14 giugno 2011

Ha richiesto cinque anni di lavoro e il contributo di oltre 5000 persone appartenenti a continenti diversi. Alla fine però la Carta Internazionale dei Diritti dei Migranti ha visto la luce. E in una cornice speciale e fortemente simbolica, la piccola isola di Gorée, da cui nei secoli passati hanno transitato migliaia di schiavi africani destinati alle piantagioni del Nuovo Mondo, il testo definitivo è stato approvato lo scorso 4 febbraio ed è subito dopo stato presentato al Social Forum di Dakar (cliccando qui si possono vedere le immagini). La rete Primo Marzo ha contribuito attivamente alla redazione della Carta e alla sua approvazione, e oggi è molto attiva nella sua promozione in Italia e all'estero.
Il 27 giugno questo documento sarà presentato per la prima volta a Milano, a Spazio Tadini - all'interno dell'evento I muri dopo Berlino si chiamano frontiere (mostra collettiva,spettacoli, dibattiti dal 16 giugno al 29 luglio) - nel corso di una serata a cui parteciperanno: Cècile Kashetu Kyenge (portavoce rete Primo Marzo), Paolo Buffoni (Arci), Giuseppe Cassibba (artista, autore del logo del Primo Marzo), Stefania Ragusa e Cristina Sebastiani (fondatrici della rete Primo Marzo). Appuntamento alle ore 21 in via Jommelli 24.

A seguire, un'intervista a Cécile Kashetu Kyenge sul senso della Carta e sulla sua portata.
«Questo documento ha una particolarità che, prima ancora che dal suo contenuto dipende dal modo in cui è stata costruita: partendo dal basso, dall’esperienza e dalla sensibilità di persone singole che hanno avuto un’esperienza concreta di emigrazione e che dunque sanno, per averlo provato sulla propria pelle, di che cosa si sta parlando», spiega Cécile Kashetu Kyenge. «Questo processo, muovere dai singoli per arrivare alle associazioni e alle ong e, quindi, alle istituzioni rappresenta il valore aggiunto: perché mette realmente la persona al centro del percorso».
Come si concretizza nel testo questo valore aggiunto?
«Nell'affermazione di principi che difficilmente potrebbero trovare spazio in un testo elaborato in una cornice istituzionale. Ciò è visibile in vari punti. Uno dei più significativi è già nel prologo, precisamente nei due primi capoversi, dove si dice: “Le persone migranti sono bersaglio di politiche ingiuste. A detrimento dei diritti universalmente riconosciuti ad ogni persona umana, queste mettono gli esseri umani gli uni contro gli altri attraverso strategie discriminatorie, basate sulla preferenza nazionale, l’appartenenza etnica, religiosa o di genere.
Tali politiche sono imposte da sistemi conservatori ed egemonici che per cercare di mantenere i propri privilegi sfruttano la forza di lavoro, fisica e intellettuale dei migranti. A questo scopo, tali sistemi, utilizzano le esorbitanti prerogative consentite dal potere arbitrario dello Stato-Nazione e dal sistema mondiale di dominazione, ereditato dalla colonizzazione e dalla deportazione. Questo sistema è, nel medesimo tempo, caduco, obsoleto e causa di crimini contro l’umanità. Per questa ragione deve essere abolito.” Si tratta di un’affermazione esplicita e coraggiosa, che mette in discussione tanto il concetto di Stato-Nazione quanto quello di frontiera».
Questo passaggio è stato voluto, in particolare, dai rappresentanti latinoamericani. Come mai?
«In molti stati latinoamericani le specificità e i diritti delle minoranze indigene sono ignorati e violati con grande disinvoltura ed è comprensibile quindi che in questi contesti l'insofferenza verso le esorbitanti prerogative degli Stati-Nazione sia particolarmente sentita. Ma il problema non è solo latinoamericano, basti pensare ai boscimani o ai beduini in Africa e alle tante minoranze del continente asiatico».
Perché il Primo Marzo ha scelto di impegnarsi nella costruzione della Carta e qual è stato il principale contributo?
«Il Primo Marzo è un laboratorio di partecipazione che si muove dal basso e coinvolge in primo luogo la società civile. Il suo obiettivo è combattere il razzismo, difendere i diritti umani e far comprendere che l'immigrazione, oggi come ieri, non rappresenta solo forza lavoro ma è una risorsa da vari punti di vista. La storia umana, non dimentichiamolo, è sempre stata storia di immigrazioni e la costruzione delle civiltà e delle culture è un processo dinamico all’interno del quale gli spostamenti degli esseri umani rappresentano il fattore principale. Tra il nostro movimento e il progetto della Carta c’era dunque un’analogia di metodo e intenti che ha reso ovvia la collaborazione. Abbiamo contribuito in vari modi ma forse l’apporto più significativo riguarda l’introduzione di un principio all’interno del testo: il passaggio in cui viene sottolineato che, oggi più che mai, siamo tutti migranti, in atto o in potenza. Oggi davvero può capitare a tutti, per ragioni che vanno dalla ricerca di un lavoro alla necessità di sfuggire a un disastro ambientale di dovere lasciare il proprio Paese. Pensiamo alla fuga dei cervelli dall’Italia ma anche a quello che sta accadendo in Giappone».
La Carta è stata presentata al Social Forum di Dakar e ha riscosso un grande interesse. Cosa ci riserva il futuro? Quali saranno i prossimi passi?
«Ci siamo lasciati con la promessa di tornare a incontrarci, ancora a Gorée, dopo giugno. Il documento, subito dopo l’approvazione, è stato sottoposto ad associazioni e ong e da parte di questi soggetti stanno arrivando molte proposte per il suo utilizzo. Per esempio, quella di elaborare un passaporto dei migranti, rilasciato dalle organizzazioni che riconoscono il documento e che avrà un valore simbolico forte. Adesso stiamo lavorando per diffondere la Carta il più possibile e anche per trovare forme di finanziamento che garantiscano l’autonomia del progetto. Fino ad oggi siamo stati economicamente supportati da fondazioni che non hanno interferito con il nostro spirito. Ma non è detto che sarà sempre così ed è importante attrezzarsi».
Un’ultima cosa: la Carta non è stata firmata. Perché?
«Abbiamo scelto di non firmarla per consentire anche a chi non fosse stato presente a Gorée di aderire con la stessa autorevolezza che avrebbero avuto i presenti. A breve, attraverso il sito, sarà possibile dare le adesioni ufficiali: come singoli, come associazioni e, perché no, come istituzioni. Certo, è improbabile che un’istituzione accetti di firmare una carta che mette in dubbio il concetto di frontiera ma potrebbe anche accadere...»-

Lampedusa, catastrofe costruita a tavolino

sabato 9 aprile 2011

Lampedusa, catastrofe costruita a tavolino e appena cominciata

Dagli sbarchi, ai migranti e agli isolani abbandonati a se stessi, fino ai naufragi e alle morti per annegamento: quello che abbiamo visto accadere a Lampedusa poteva essere evitato. Ma il governo italiano, per reale incapacità o calcolo elettorale, ha preferito giocare la carta del tanto peggio tanto meglio facendo esplodere la situazione sotto i riflettori delle telecamere, così da poter invocare il sostegno europeo agitando lo spauracchio dell’invasione.

Adesso, sull’onda dell’emergenza e lamentando la scarsa solidarietà europea – ancorché l’Italia, in questi anni, abbia sempre deliberatamente ignorato le indicazioni dell’Europa in materia di politiche migratorie - il governo impone soluzioni destinate ad aggravare ulteriormente la situazione. Il rilascio dei permessi di soggiorno temporanei, contrariamente a quanto annunciato, non permetterà alla stragrande maggioranza dei migranti di lasciare il territorio italiano a causa dell’irrigidimento delle misure di controllo alle frontiere (come nel caso della Francia). Nel giro di sei mesi avremo perciò migliaia di nuovi migranti irregolari, e questo mentre è cominciato il rilascio dei primi nulla-osta relativi al decreto flussi e non è ancora stata trovata una soluzione per le oltre 50mila vittime della sanatoria truffa.

Ma c’è un’altra cosa che bisogna ricordare e sottolineare: le persone a cui si vuole oggi rilasciare un permesso di soggiorno temporaneo e rispetto alle quali si cavilla tanto ("rifugiati" o "clandestini"?) sono in larga parte le stesse che, fino a pochi mesi fa, venivano ricacciate in Libia senza neppure essere identificate.

Perciò, mentre denunciamo questa situazione e rifiutiamo un clima di emergenza creato ad arte, ricordiamo che sono centinaia di migliaia i migranti che in Italia subiscono quotidianamente il razzismo istituzionalizzato. Lo sciopero del primo marzo ha dimostrato che i migranti non sono vittime, ma protagonisti di lotte nuove in grado di coinvolgere tutti. Consideriamo i migranti in arrivo in queste settimane né profughi né ospiti, ma persone che dopo aver sfidato i regimi dittatoriali del Nord Africa sfidano la forza democratica della società civile italiana ed europea.

L’incapacità e la mancanza di volontà nel gestire questa stagione di sbarchi hanno prodotto fino ad ora solo risultati fallimentari. Per questo, come rete Primo Marzo:

1) chiediamo le dimissioni del ministro dell’Interno;

2) chiediamo che venga attivato rapidamente e in collaborazione con gli altri Paesi europei un corridoio umanitario in modo da assicurare una reale protezione ai migranti;

3) rifiutiamo la distinzione tra "profughi" e "migranti", consapevoli che qualsiasi legislazione discriminatoria non sarà in grado di contenere l’immigrazione ma favorirà le organizzazioni criminali che sfruttano il fenomeno;

4) esprimiamo la nostra contrarietà rispetto al modo approssimativo con cui la maggior parte dei mezzi di informazione ha trattato e continua a trattare la questione: mai come in questo periodo l’odiosa parola "clandestino" viene abusata;

5) chiediamo alle forze politiche di adoperarsi affinché

a. venga abrogato il reato di clandestinità

b. vengano chiusi i CIE

c. l’accesso e la permanenza nel nostro Paese non siano condizionati dal contratto di lavoro

d. si ottemperi finalmente alla direttiva europea sui rimpatri.

Confermiamo infine il nostro impegno per la costruzione di una società aperta, nella quale siano salvaguardati i diritti di tutti/e. Secondo lo spirito della Carta mondiale dei Migranti approvata a Gorée il 3 e 4 febbraio 2011, chiediamo l’abrogazione di tutte le leggi che impediscono la libera circolazione delle persone e l’equiparazione nei diritti tra persone migranti e non-migranti

La rete Primo Marzo aderisce a tutte le iniziative che a livello locale e nazionale avranno come scopo la difesa dei diritti dei migranti e la costruzione di una cultura di solidarietà, e anche a quelle che si collocano nell’ambito della lotta alla precarietà: la condizione migrante infatti non è separata da quella di tutti gli altri cittadini, ma con la sua specificità mostra tendenze e dinamiche che ci coinvolgono tutti, in particolare sul terreno del lavoro.

1° Marzo 2011: bilancio e riflessioni verso il futuro

lunedì 21 marzo 2011

Sono trascorse tre settimane dal Primo Marzo e oggi siamo in grado di tratteggiare un bilancio più preciso della giornata e di proporre alcune considerazioni.

Le città che si sono mobilitate, attraverso iniziative coordinate dai comitati Primo Marzo e attraverso iniziative spontanee, sono state 52 per un totale di circa 150mila persone: meno dello scorso anno ma comunque un numero significativo, se si considera come è cambiato il clima politico negli ultimi 12 mesi, le diverse mobilitazioni che si sono prodotte in questo arco temporale e la minore attenzione che i media ci hanno riservato.
D'altra parte, l'obiettivo realistico di questo "secondo marzo" (come è stato efficacemente ribattezzato da Carta on line) era mantenere la tensione e l'attenzione sugli elementi che caratterizzano il progetto: la mobilitazione dal basso e la centralità di alcune parole d'ordine, cioè l'opposizione netta alla legge Bossi-Fini, la difesa del diritto al lavoro e dei diritti nel lavoro, la mixité, lo sciopero come strumento di mobilitazione e protesta.

L'obiettivo era portare avanti il percorso, allargare la rete e far crescere la consapevolezza attorno a questi temi.


Il Primo Marzo - lo ricordiamo - è nato come Sciopero degli Stranieri (dove straniero sta non soltanto per i migranti e le migranti, ma anche per "estraneo" alle logiche di razzismo ed esclusione che hanno progressivamente deformato il nostro modello sociale). E' stato questo concetto (problematico finché si vuole ma estremamente forte) a catalizzare l'attenzione di migliaia di persone. Eluderlo o bandirlo avrebbe significato privare la rete Primo marzo della sua principale ragion d'essere.

Molti tentativi (indiretti ed espliciti) sono stati fatti per spingerci a cancellare la parola sciopero, ma il loro esito nel complesso è stato fallimentare. Primo Marzo è rimasto il movimento dello Sciopero degli Stranieri, sentito e partecipato. E' su questo che a nostro avviso si misura il successo della giornata.

Diversi soggetti già organizzati e strutturati in forme associative di vario tipo hanno tentato di impossessarsi della data e piegarla ai propri interessi. In alcuni casi (a Milano, per esempio) ciò ha prodotto iniziative che hanno riproposto l'immagine vittimistica dei migranti, riducendo la giornata ad una sorta di commemorazione festosa lontana dallo spirito di lotta che la anima. Allo stesso modo, alcune iniziative spettacolari, per quanto mirate contro obiettivi comuni, non hanno colto il segno della giornata e la sfida lanciata dallo sciopero, rischiando anzi di metterle in secondo piano. In diverse città, tra cui Bologna, Reggio Emilia, Modena, Trieste, Firenze, Bolzano, Palermo, Napoli, Perugia, il primo marzo ci sono stati scioperi, manifestazioni, alcune novità significative. Questo è stato prodotto sia dai comitati Primo Marzo, a volte in grado di coordinare realtà già esistenti, a volte organizzatori delle iniziative, sia da diverse realtà antirazziste e dei migranti che hanno portato avanti tutto l'anno un percorso di partecipazione collettiva, a volte dialogando con le istituzioni, ma rivendicando sempre un ruolo centrale alle istanze che dal basso venivano sollevate e ai percorsi autorganizzati.


In alcuni territori (in particolare a Bologna e in Emilia) l’adesione allo sciopero è stata elevata e superiore allo scorso anno, grazie alla copertura assicurata a livello nazionale da Fiom e Usi ma, soprattutto, in virtù della buona comunicazione con le Rappresentanze Sindacali Unitarie. In altre realtà (Trentino e Alto-Adige, per esempio) la richiesta di astensione dal lavoro non ha trovato eco presso le grandi organizzazioni sindacali, ma a Bolzano nonostante ciò le lavoratrici della cooperativa Donne Nissà hanno scioperato. In generale, la presenza di percorsi autorganizzati in grado di produrre rapporti con le RSU e pressioni verso i sindacati è risultata decisiva. Allo stesso tempo, su questo primo marzo si è sentita l'eco delle lotte contro la sanatoria truffa, a partire dall'occupazione della gru di Brescia e della torre di via Imbonati a Milano: questione ancora aperta nonostante i parziali successi ottenuti sul piano giudiziario.

Tutto questo comunque evidenzia più che mai la necessità di andare avanti nella riflessione su cosa sia oggi lo sciopero e sui limiti che continuano a essere posti attorno all'esercizio di quello che dovrebbe essere un diritto costituzionale, individuale e inalienabile.

La maggior parte delle mobilitazioni è durata lo spazio di un giorno, ma in alcune città (Palermo e Reggio Calabria, per esempio) le iniziative sono state "spalmate" in un arco temporale più ampio, spaziando territorialmente e coinvolgendo dunque segmenti diversi di popolazione: studenti, scolari, associazioni antirazziste, passanti occasionali.... Una bella sorpresa è stata la partecipazione nel mezzogiorno. In Sicilia in particolare, anche per effetto della vicenda di Noureddine, c'è stato un grande fermento e Palermo è diventato il punto di riferimento per varie realtà regionali. Importante anche il convolgimento di Rosarno e di altri centri agricoli dove lo sfruttamento del lavoro migrante rappresenta un costume radicato e generalizzato. Elementi positivi che hanno caratterizzato le mobilitazioni in molte città sono stati la partecipazione attiva delle cosiddette seconde generazioni, figli e figlie di migranti, e quella delle donne migranti. In alcuni casi (Rosarno e Trieste, per esempio) a causa delle condizioni metereologiche avverse le manifestazioni sono state posticipate.

Crediamo però che il principale successo, pur con tutti i problemi, del 1 marzo sia stato quello di mettere in circolazione l'esperienza dello sciopero del lavoro migrante come sciopero di tutti, della condizione migrante come elemento di precarizzazione e ricatto di tutto il lavoro, e di proporre perciò il tema dello sciopero come elemento di mobilitazione. Il primo marzo è stato dove si è dato uno sciopero reclamato dal movimento e non proclamato dall'alto. Ciò ci spinge a guardare al futuro da questo punto di vista, intrecciando la lotta contro il razzismo istituzionale e per il protagonismo dei migranti con il tema del diritto di sciopero e delle nuove forme che lo sciopero può assumere. Per questo, mentre iniziamo una riflessione su come proseguire il percorso del 1 marzo, crediamo sia importante essere presenti negli ambiti di discussione che su questi temi si produrranno sin dalle prossime settimane.

Primo marzo tutto l'anno! A Trieste le piazze tematiche

venerdì 11 marzo 2011

Primo Marzo Sciopero degli stranieri - Trieste: Primo marzo tutto l'anno!


Tornano le piazze tema...
: "Primo marzo tutto l'anno! Tornano le piazze tematiche: musica, immagini, testimonianze, teatro... Giovedì 17 marzo ore 11.00angolo via Dan..."

Report da Bari

lunedì 7 marzo 2011

Riceviamo da Andrea Aufieri:Il Primo Marzo degli immigrati a Bari è stato molto partecipato nonostante la pioggia: troppe le difficoltà, le storie, le istanze alla politica e alla città per starsene chiusi in casa. Qui Andrea Aufieri prova a far conoscere, dalle testimonianze diretti protagonisti, le singolari realtà del FerrHotel e dell'ex-liceo Socrate, occupati da rifugiati dopo la loro permanenza nel Cara e i giri a vuoto cui sono costretti nonostante la loro particolare condizione. Il commento musicale è dei Pan Da Punk, che hanno rilasciato in Creative Commons 3.0 non commerciale, non opere derivate, riconoscimento autori, la loro "In Mezzo Ad Una Strada" (http://www.pandapunk.altervista.org/).Qui il videoracconto che ho pubblicato sul mio canale YouTube, Andrea Aufieri's Web Television:http://www.youtube.com/watch?v=dWllzljStnQ

Report, immagini e analisi da Bologna

domenica 6 marzo 2011

LE NOVITA' DEL PRIMO MARZO
A distanza di un anno dalla prima “giornata senza di noi”, il primo marzo piazza Nettuno a Bologna si è riempita ancora. Ancora una volta è stata una giornata transnazionale: ha attivato, come è avvenuto in Austria, percorsi di lotta inediti; ha dato forza e supporto a lotte come quella dei migranti in sciopero della fame in Grecia; ha costruito un legame tra le due sponde del Mediterraneo, contro i regni della paura. Rispetto allo scorso anno, in assenza del clamore mediatico determinato dalla rivolta di Rosarno, in un momento in cui la crisi colpisce duro, la mobilitazione ha visto numeri diversi attraversare le strade. Qualcosa di più però c’è stato, e il primo marzo 2011 ha segnato alcune soglie rispetto alle quali noi non intendiamo arretrare.
La prima riguarda lo sciopero: rispetto al 2010, un numero maggiore di fabbriche ha scioperato, e un numero maggiore di lavoratori, italiani e migranti, si è effettivamente astenuto dal lavoro. Questo dato segnala l’importanza della comunicazione con le RSU, con lavoratrici e lavoratori che hanno compreso che lo sciopero del lavoro migrante è sciopero di tutto il lavoro.
La seconda è la visibilità delle donne, migranti e italiane, nella piazza del primo marzo. La denuncia del carattere patriarcale della legge Bossi-Fini fa capire che non è più tempo di un antirazzismo neutro, né di un’organizzazione dei migranti che taccia sulla subordinazione delle donne e la accetti mascherandola come “cultura”.
La terza è l’assoluta novità della presenza in piazza dei figli e delle figlie dei migranti. La manifestazione studentesca del mattino, la partecipazione attraverso la musica hip hop del Laboratorio OnTheMove alla lotta di tutti mostra la forza di una presenza che non vuole farsi ingabbiare in un’eterna seconda generazione.
Lavoratrici e lavoratori, uomini e donne, ragazzi e ragazze, il primo marzo hanno preteso visibilità, presenza, parola. Per affermare condizioni che non sono rappresentabili e che non possono essere trattate solo come questioni di emergenza – che si tratti dell’emergenza decretata dal governo, o di una condizione estrema resa visibile da un antirazzismo ormai datato. I lavoratori e le lavoratrici, gli uomini e le donne, i ragazzi e le ragazze che il primo marzo hanno parlato hanno mostrato di non essere ai margini ma al centro delle trasformazioni contemporanee del lavoro, di poter essere al centro delle lotte.
Noi del Coordinamento Migranti da qui ripartiamo e ripetiamo, come abbiamo detto in piazza, che non sono le ricorrenze che ci interessano, né gli attestati di solidarietà, né un odioso assistenzialismo. Ci interessa quello spazio nel quale i migranti, uomini e donne, lavoratrici e lavoratori, ragazze e ragazzi, possano sentirsi potenti, e non solo per un giorno.
A questo link immagini della giornata

Coordinamento Migranti Bologna e provincia
Laboratorio On the Move

Voci da Palermo

In attesa di un report completo ed esaustivo dal capoluogo siciliano (ci vorrà un po' a metterlo insieme: il Primo Marzo qui è durato tre giorni e ha avuto appendici in altre città siciliane e questo è ottimo!) possiamo ascoltare, direttamente dal corteo, le voci del Forum Antirazzista e del Comitato Primo Marzo. A questo link!

Report da Pordenone

Uniti contro la crisi e contro i licenziamenti etnici

Primo Marzo 2011 Pordenone

Il Comitato Primo Marzo di Pordenone ha organizzato un incontro presso il Centro servizi volontariato per discutere in particolare dei diritti dei lavoratori immigrati in tempo di crisi. Non c’erano infatti le condizioni per realizzare una manifestazione di piazza, dopo il successo di una recente manifestazione degli stranieri a Pordenone sabato 5 febbraio.

Si è scelto di porre l’accento sul lavoro in seguito alla proposta del capogruppo della Lega Nord in Consiglio regionale Danilo Narduzzi: in vista degli esuberi annunciati da Electrolux (circa 600 persone tra gli stabilimenti di Susegana e Porcia), il leghista proponeva di licenziare prima tutti gli stranieri e solo in seguito gli italiani. Fortunatamente altri politici anche di centrodestra, compreso il presidente della Regione Veneto Zaia, hanno bocciato la proposta.

All’incontro del primo marzo sono intervenuti: Roberto Zaami, segretario provinciale della UIL, Carla Franza della CGIL e il vicepresidente della Provincia, il leghista Eligio Grizzo. I sindacalisti hanno sottolineato il diritto al lavoro per tutti, mentre Grizzo ha sottolineato la necessità di avere un lavoro per poter restare in Italia e non dover «fare l’elemosina ai Servizi sociali».

Il leghista ha sottolineato che il piano per l’immigrazione della Provincia va proprio nella direzione di dare un aiuto per il lavoro, tuttavia questo piano è stato ritenuto discriminatorio dall’UNAR, l’Ufficio nazionale contro le discriminazioni razziali che dipende dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in quanto la Provincia ha inviato agli immigrati lettere in cui si invitava a presentarsi a uno sportello dell’ente e in caso lo straniero non si fosse presentato, sarebbe stato segnalato alla Questura (http://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2010/10/22/news/l_unar_discriminazione_a_pordenone-8334705/index.html?ref=search). Grizzo ha affermato: «L’Unar non può decidere per noi, perché siamo noi che governiamo il territorio».

Si è fatto notare come la Lega abbia spesso utilizzato il tema dell’immigrazione per fomentare la paura, collegato alla criminalità.

La delegata CGIL ha sottolineato i dati Caritas che mettono in evidenza quale sia il contributo degli stranieri per il benessere dell’Italia. Oggi, data la crisi e la mancanza di lavoro, gli immigrati invece vengono spesso considerati un peso a carico della collettività e non si pensa ad esempio ai contributi pensionistici versati da molti immigrati oggi disoccupati. In molti tornerebbero volentieri a casa loro, se potessero avere tali contributi, come avviene per chi ha lavorato in altri paesi europei come la Francia, la Gran Bretagna, etc.

Nel corso del dibattito si è parlato anche dei diritti delle nuove generazioni: tutti, compreso Grizzo, concordano che sarebbe auspicabile che chi nasce in Italia avesse la cittadinanza di questo paese e non quella dei suoi genitori. Abdou Faye, della CGIL regionale, ha sottolineato infatti che, mentre le prime generazioni di immigrati si sono adattate a fare i lavori più umili, anche perché si sentono ospiti in Italia, i giovani cresciuti qui avranno un atteggiamento diverso e su di loro bisogna puntare se si vogliono evitare scontri come quelli che avvengono nelle banlieue francesi.

Infine si è sottolineato che negli ultimi anni, con l’amministrazione Tondo di centro-destra, sono stati drasticamente ridotti i fondi dedicati dalla Regione Friuli VG alla cooperazione decentrata: ciò non favorisce la creazione di condizioni di vita vantaggiose nei paesi d’origine degli immigrati. Grizzo si è detto d’accordo con la necessità di investire per lo sviluppo dei paesi di provenienza degli stranieri, «io sono per il neocolonialismo», ha detto.

Report e immagini da sassari










LA PROTESTA DIVENTA PROPOSTA.

Una delegazione del Comitato Primo Marzo al Consiglio Comunale di Sassari.

La pioggia e il maltempo hanno ostacolato il popolo del 1° marzo ma per fortuna non ne hanno fermato l'entusiasmo. Martedì scorso decine di cittadini e migranti si sono ritrovati nuovamente per le vie di Sassari per dire "no" al razzismo. La manifestazione per il riconoscimento dei diritti dei migranti, promossa dal Comitato "Primo marzo Sassari", si è svolta in tono minore rispetto all'edizione dello scorso anno, ma la loro protesta va letta e analizzata in modo diverso. E' stata incisiva, pacifica e gioiosa, ma soprattutto è stata ricca di proposte concrete. Una delegazione composta da una trentina fra immigrati e italiani è arrivata ai piani alti della politica. Le istanze raccolte e le proposte elaborate dal Comitato in un documento sono state esposte e consegnate a Palazzo Ducale ai membri del Consiglio Comunale riuniti in seduta.

«Molte cose sono cambiate dalla manifestazione dell'anno scorso», ha detto Filomena Costa Morais, in rappresentanza dei migranti. «Dodici mesi fa tutti erano scossi o atterriti dai fatti di Rosarno, mentre oggi l'ostilità è più sottile. Si respira un'aria pesante in tutta Italia. Le rivoluzioni che stanno attraversando il nord Africa segnalano un'aspirazione alla libertà che ha nelle migrazioni una delle sue declinazioni e che sta portando a un prevedibile aumento degli sbarchi sulle nostre coste. Di fronte a tutto questo il governo risponde evocando uno “stato di emergenza” e giustifica così il non rispetto del diritto di asilo, trasformando i migranti in potenziali criminali. E' tempo di chiudere la stagione dei respingimenti», ha concluso la rappresentante.

Anche a Sassari la situazione è cambiata in peggio nel corso di un anno. Il giovane marocchino Hassan El Amrani, in attesa della cittadinanza italiana dopo 17 anni vissuti in Sardegna, ha preso la parola ricordando ai consiglieri comunali che «quando un venditore ambulante viene pestato mentre sta lavorando, quando un trans viene aggredito nella propria casa, quando delle bottiglie molotov vengono gettate nel campo nomadi, allora vuol dire che le soluzioni bisogna applicarle con urgenza». Da qui le richieste ufficiali del Comitato Primo Marzo Sassari:

Al Governo Italiano e alle istituzioni nazionali:

- il rispetto dei diritti civili sanciti dalle convenzioni internazionali

- l'abrogazione del pacchetto sicurezza e del reato di clandestinità

- il permesso di soggiorno per chi denuncia lo sfruttamento e il lavoro nero

- il mantenimento del permesso di soggiorno per chi ha perso il lavoro

- lo stop ai rastrellamenti contro gli immigrati

- lo stop ai respingimenti di massa e agli accordi bilaterali che li prevedono

- il diritto di asilo per rifugiati e profughi

- la chiusura dei Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE)

- la possibilità di accesso nei CDA (Centri di Accoglienza) e nei CARA (Centri Accoglienza Richiedenti Asilo), ora concessa ai soli parlamentari dopo una lunga procedura

- il diritto al lavoro, alla salute, alla casa e all’istruzione per tutte e tutti

- l'estensione dei diritti di cittadinanza e del diritto di voto

Al Comune di Sassari e alle istituzioni locali:

- l'istituzione della figura del “consigliere aggiunto” quale primo passo verso il riconoscimento dei diritti di cittadinanza (richiesta che non è stata istituita nella scorsa amministrazione nonostante le molte assicurazioni in tal senso)

- la realizzazione di interventi mirati a superare il disagio abitativo - ivi comprese migliorie per superare il degrado del campo nomadi di Piandanna - e a vigilare sulle discriminazioni e i soprusi che incontrano i migranti in cerca di alloggio

- l'assegnazione di spazi di aggregazione culturale e progettualità sociale che aiutino l'interazione e la coesione tra persone di diversa provenienza

- l'attuazione di politiche educative e interventi per l'integrazione scolastica dei minori

A queste richieste specifiche ha risposto il sindaco Ganau: “Mi sembra giusto che il Consiglio si interroghi sulla figura del consigliere aggiunto. Per il resto, bisogna riconoscere che molto è stato fatto nel corso degli ultimi anni. Penso ad esempio alle politiche in tema di edilizia popolare, dove non esiste più nessun fattore di discriminazione tra un sassarese e un extracomunitario”. Per tutto il resto, però, gran parte della responsabilità non è dei sassaresi, ma della politica nazionale. Ganau ha ricordato che spesso gli stranieri vengono considerati un peso dal governo. “Noi invece vogliamo che siano una risorsa”.

Dopo l'intervento in Consiglio comunale il corteo, composto da un centinaio di manifestanti, è partito sotto la pioggia battente da piazza del Comune per giungere in piazza Azuni, dove si è tenuto un sit-in di un paio d'ore per incontrare la città dando ancora spazio alle testimonianze dei migranti e alle rivendicazioni contenute nel volantino distribuito dai partecipanti: “vietato calpestare i diritti” la loro indicazione per una città libera, aperta e giusta. Sassari è veramente bella, buona e forte?” si chiede il Comitato. "Il dubbio c'è, e non è rimasto molto tempo per indagare. Bisogna creare i presupposti per una società coesa e solidale”.

I responsabili del Comitato Primo Marzo locale esprimono soddisfazione per la buona riuscita della manifestazione e si augurano che le proposte e le rivendicazioni avanzate siano considerate e discusse dall'amministrazione e possano contribuire a creare un dibattito costruttivo fra cittadini e istituzioni.

La manifestazione, promossa da: Abracadrabra Onlus, Acli, Acos, Amico del Senegal Batti Cinque, Amnesty International, Arci, Associazione Enrico Berlinguer, Associazione Ora Si!, Auser, Avass’en Gouro, Circolo GD Via Esperson, Circolo Hutalabì Prc, Comunisti Italiani, Dipartimento immigrati CGIL, Equomondo, Gruppo Emergency Sassari, Gruppo giuridico Norberto Bobbio, Libertaria, Movimento Federalista Europeo Sassari, noiDonne 2005, Scuola Capoeira Karibe-Sardegna, Sinistra Ecologia e Libertà, è stata ripresa interamente dalle telecamere di TeleSassari che per l'occasione realizzeranno uno speciale televisivo che verrà mandato in onda nei prossimi giorni sul canale 63 del digitale terrestre (con copertura limitata alla provincia di Sassari).

COMITATO PRIMO MARZO SASSARI

Per informazioni:

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- sito ufficiale http://primomarzo2010.blogspot.com