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Adesione di Emergency al Movimento 1° Marzo 2010

sabato 30 gennaio 2010

“Noi ce ne possiamo anche andare via, ma voi?” È la dichiarazione rilasciata alla stampa da una giovane donna, migrante, durante il sit-in di sabato 9 gennaio a Roma, organizzato per esprimere solidarietà agli immigrati dopo i fatti di Rosarno. È una dichiarazione che ci sentiamo di riprendere e sottoscrivere a pieno, non solo per dare nuovamente voce a chi subisce sulla propria pelle, in prima persona, la gravità degli accadimenti di questi ultimi giorni, ma anche per sottolineare il senso di civiltà, l’attenzione e la sensibilità, persino la preoccupazione, che essa porta con sé. Perché sì, insieme a “che ne sarà di voi?”, viene da chiedersi: “ma noi?” Noi - chiunque questo pronome voglia comprimere in sé, e che Emergency riesce solo a concepire come inclusivo, non esclusivo di umanità alcuna -, noi che ci siamo e che restiamo in questo Paese, come pensiamo di poter continuare lungo questa china? Cosa resterà di noi, di tutto? Quale quotidiano e quale domani ci toccherà affrontare? E non solo, ovviamente, da un punto di vista pratico (“Chi curerà i nostri anziani e i nostri bambini? Chi si occuperà di tutti quei lavori necessari che gli italiani non vogliono più fare?”), ma soprattutto, molto più importante, da un punto di vista etico, umano: come potremmo, ad esempio, insegnare ai nostri italianissimi figli che è sbagliato picchiare il compagno di classe per rubargli un cellulare, se invece accettiamo che parte della popolazione che risiede sul nostro suolo sia resa schiava, privata dei più elementari diritti, e minacciata, aggredita, cacciata se si azzarda a protestare?

Come sempre, Emergency crede che i diritti, più che declamati, vadano messi in pratica. Come facciamo dal 2006, nel nostro Poliambulatorio di Palermo, che offre assistenza sanitaria gratuita ai migranti,con o senza permesso di soggiorno, ma anche alla popolazione italiana in stato di bisogno. E il nostro concreto impegno per il 2010 è la ricerca di spazi e di disponibilità per aprire altre strutture sanitarie, in Italia, sul modello di quella di Palermo. Un impegno che ha bisogno della collaborazione delle istituzioni e di tutti i cittadini che si riconoscono nel dovere dell’accoglienza a chi approda in questo Paese fuggendo la guerra e la povertà che continuano ad essere seminate nel mondo.

Emergency aderisce con convinzione alla mobilitazione dei migranti organizzata per il 1° marzo 2010. Consapevoli che loro, i migranti, difficilmente potranno partecipare: proprio perché i più deboli, i più ricattabili. Proprio per questo motivo riteniamo importante la partecipazione di quanti possono (ancora?) godere di questo diritto. E per dare una volta di più concretezza alla nostra adesione, i dipendenti di Emergency che, nella giornata del 1° marzo, aderiranno alla mobilitazione devolveranno la giornata di lavoro al Poliambulatorio di Palermo e invitano volontari e sostenitori a fare altrettanto. E invitiamo tutti a porsi la domanda: “Loro se ne possono pure andare, ma noi?"

Cecilia Strada
Presidente Emergency

AIAB aderisce allo sciopero del 1° marzo, per spezzare il filo “giallo” della disperazione

Nel silenzio dei media e dell’opposizione, il Senato della nostra Repubblica, ha stralciato ieri l'articolo che conteneva la delega al governo per l'attuazione della Direttiva 2009/52/CE. Direttiva che introduce in Europa norme minime e a tutela dei lavoratori di paesi terzi irregolarmente soggiornanti e sanzioni per i datori di lavoro che sfruttano tali condizioni. E introduce, tra l’altro, la possibilità del rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo a favore dei lavoratori extracomunitari. “Un ennesimo atto di miopia, - secondo Lillo Alaimo Di Loro, vicepresidente Aiab - ma soprattutto un’ulteriore occasione mancata di aprire con i fatti il costruttivo e necessario dialogo verso una la futura società della comprensione”.

Anche per questo, l’Associazione Italiana Agricoltura Biologica aderisce allo sciopero degli immigrati, che si svolgerà il primo marzo 2010, e apre una mobilitazione generale da nord a sud, per partecipare alla giornata e invitare riflettere su cosa sarebbe la società senza i migranti, ma sopratutto senza la solidarietà, l'umanità e la ragionevolezza, proprie delle società civili.
Una realtà, quella dei migranti, che in Italia interessa oltre 4 e mezzo di lavoratori stranieri. Un grande situazione di disagio che lega a filo doppio la società all'agricoltura e ai suoi modelli dominanti. Pericolosamente adagiati, in Italia e nel mondo, sul sistema agro-alimentare che ha generato la scomparsa di milioni di “fattorie”, accelerato il processo di desertificazione e costretto intere popolazioni alla povertà e all'emigrazione.
“Ma sciuperemmo una grande opportunità - dice Di Loro - se pensassimo che il primo marzo debba essere solo un semplice esercizio di solidarietà o di umanità. E non un'occasione per “ripensarci” come elementi di una società senza frontiere culturali, basata sul valore condiviso della giustizia sociale. C'è infatti un unico filo che unisce i “fatti di Rosarno”, la “guerra del pane” (condotta a suon di trattori degli agricoltori meridionali ) e la “protesta dei lavoratori dell'indotto Fiat di Termine Imerese” (operai della Delivery Mail- ditta delle pulizie ) che mentre scriviamo, sono barricati sul tetto di un capannone per difendere il loro diritto al lavoro. È il filo “giallo” della disperazione”.


Lorenzo Misuraca
Ufficio Stampa AIAB

Adesione Rototom Sunsplash al Movimento 1° Marzo 2010

"Abbiamo provato a chiudere gli occhi, portando alla mente le parole di Robert Nesta Marley, la sua voce magnetica: "fino a quando il colore della pelle d'un uomo non avrà più valore del colore dei suoi occhi..." e ancora "fino a quando i diritti umani fondamentali non saranno ugualmente garantiti a tutti, senza distinzione di razza..." e ancora "alzatevi e ribellatevi per i vostri diritti, non abbandonate la lotta...".
Li abbiamo riaperti, ci siamo trovati davanti le immagini disperate di Rosarno e di tutte le Rosarno di cui siamo stati testimoni impotenti in questi anni: lo sfruttamento tremendo dei lavoratori migranti in troppi luoghi della penisola, gli attacchi ai campi Rom, Castelvolturno, il pestaggio di Parma, i cori infami negli stadi, e i soprusi, le ingiustizie quotidiane patite da gran parte dei migranti che hanno scelto l'Italia per costruirsi una vita nuova.
Negli anni, e non poteva essere altrimenti per un festival reggae che ha sempre guardato a "un altro mondo possibile", abbiamo tematizzato e denunciato, col contributo di autori come Laura Balbo, Don Ciotti, Moni Ovadia, Boris Pahor e tanti altri, il ritorno della bestia, il riemergere del razzismo; il suo diventare fatto quotidiano e accettato dal ventre profondo del Paese; addirittura vanto ed elemento distintivo di forze politiche, giornali, pezzi interi di società (in)civile.
Ora però crediamo di doverci spingere ancora un pò più in là, giacché Rosarno rappresenta un punto di non ritorno, un'abisso morale in cui l'Italia tutta è sprofondata. E poco importa che il Rototom Sunsplash, cacciato dal potere cieco e stupido che lo governa, subisca l'esilio in terra iberica, e che gran parte di noi in questo momento sia appunto in Spagna a lottare per "un altro mondo possibile".

Abbiamo appreso dalla Rete del tentativo coraggioso, un pò folle forse ma di quella follia che a noi è sempre piaciuta enormemente, di normali cittadini sprovvisti di grandi mezzi e grandi relazioni di mettere in piedi uno sciopero degli stranieri, stranieri non tanto in "senso anagrafico, ma estranei al clima di razzismo che unisce parte d'autoctoni e immigrati".

Abbiamo ripensato a Robert Nesta Marley e al senso dei nostri sforzi di questi anni, e abbiamo immediatamente deciso di aderire a questa necessaria follia. Dando una mano, là dove operiamo maggiormente in Italia, a Udine, per costruire insieme ad altri soggetti sensibili un comitato locale del Primomarzo 2010. E accogliendo l'invito di Peacereporter allo sciopero bianco, attraverso una donazione collettiva alle iniziative di sostegno e tutela dei migranti.
"Alzatevi e ribellatevi per i vostri diritti": questo è il tempo, e ci auguriamo che tutte le persone di buona volontà non lo lascino scorrere invano."

Adesione Sindacato SISA al Movimento 1°MARZO 2010

Indetto dal SISA (Sindacato Indipendente Scuola e Ambiente)
lo sciopero del primo marzo 2010 per il comparto della scuola
perché crediamo nella solidarietà e la vogliamo praticare


Il SISA, Sindacato Indipendente Scuola e Ambiente, nato nell’ottobre 2007, è la prima organizzazione ad essere formata da docenti, studenti e cittadini, tutti con uguali diritti e responsabilità. Nel nostro manifesto costitutivo è scritto: “Il SISA si impegna a promuovere la cooperazione e la coesistenza pacifica tra le persone e tra i popoli, nel rispetto e nella valorizzazione delle differenti culture e la salvaguardia dell’ecosistema planetario, in un quadro di condivisione eco-sostenibile della terra e delle sue risorse. Il SISA si batte per la fine dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e di ogni forma di prevaricazione, fonda il suo lavoro sulla solidarietà e la collaborazione e agisce per l’affermazione della giustizia sociale e dell’uguaglianza.”
Quando ci è stato proposto, ai primi di dicembre 2009, di essere parte di un movimento che chieda giustizia e rispetto per tutte le donne e gli uomini che, vincendo lo sfruttamento occidentale delle loro terre, vengono tra noi per garantire pane e scuola ai loro cari lontani, abbiamo accettato con entusiasmo.
A tutt’oggi siamo la sola organizzazione sindacale ad aver indetto ufficialmente lo sciopero per il primo marzo, per il comparto che ci compete, quello della scuola. Ne siamo stupiti e speriamo che altri si affrettino ad indire lo sciopero per gli altri comparti.
Quella degli stranieri è una richiesta legittima, contro ogni razzismo e ogni xenofobia. La giornata di sciopero permetterà di essere in piazza per gridare “No” alle quote Gelmini e al lavoro precoce per i giovani stranieri, voluto da Sacconi.
Ma noi saremo in piazza soprattutto per dire “Sì”, sì alla convivenza, al rispetto delle culture, ai progetti interculturali che contrastino il crescente odio che acceca e porta a non riconoscere nello sguardo di chi ci è accanto quello di un essere umano come noi. I recenti avvenimenti di Rosarno impongono a ciascuno di assumersi le proprie responsabilità, come ricordano le parole di Adriano Sofri, rilanciate dalla voce di due ragazze del SISA nel video che si trova sul nostro sito www.sisascuola.it , come tutti i documenti relativi allo sciopero e alle lotte che organizziamo, alla solidarietà che pratichiamo, ad esempio nel gemellaggio con il sindacato RAS Rinnovamento dell’Azione Sindacale della Repubblica Democratica del Congo.
Gli stranieri non solo svolgono molti lavori rifiutati dagli italiani, spesso in nero per volontà di datori di lavoro fraudolenti, ma in Italia contribuiscono al 10% del PIL, versano ogni anno 6 miliardi di euro nelle casse dell’INPS e sono titolari di migliaia di attività produttive.
Con l’indizione dello sciopero il SISA vuole essere solidale nei fatti, non a parole. Sarà l’occasione per manifestare insieme, per gli studenti stranieri e per quelli italiani che non hanno rinunciato alla solidarietà, per i lavoratori stranieri delle cooperative esternalizzate della scuola, ma anche per tutti quei lavoratori italiani, docenti, amministrativi, tecnici e ausiliari, che credono possibile un domani fondato su valori di rispetto e di accoglienza.
Sappiamo che il cammino è arduo, ma il SISA c’è e intanto il primo marzo proviamo, insieme, a gettare i semi delle nostre ragioni e dei nostri sentimenti al vento, perché, prima o poi, come insegnava qualcuno, fiorirà il cielo.


27 gennaio ’10

Davide Rossi
Segretario generale SISA

Il Senato dice sì allo sfruttamento dei lavoratori stranieri

venerdì 29 gennaio 2010

Il Senato della Repubblica, quasi in sordina, ha stralciato l'articolo che conteneva la delega al governo per l'attuazione della Direttiva 2009/52/CE, relativa a sanzioni e provvedimenti nei confronti di chi impieghi alle proprie dipendenze cittadini stranieri in condizioni di soggiorno irregolare. Il Senato della Repubblica avrebbe avuto la possibilità di dire concretamente no allo sfruttamento dei lavoratori stranieri. Ha preferito eludere la questione. Ha, in sostanza, detto sì allo sfruttamento. L'ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull'immigrazione) ci ha mandato un'analisi dettagliata dell'accaduto e noi la pubblichiamo.

«L'Aula del Senato ha deciso lo stralcio dell'articolo 48 del disegno di legge comunitaria nel quale si attribuiva al governo una delega di attuazione della Direttiva 2009/52/CE.
La Direttiva, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 30 giugno 2009 introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi irregolarmente soggiornanti. Nella delega si prevedeva un intervento del governo nel senso della possibilita' di rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo a favore dei lavoratori extracomunitari che avessero denunciato alle autorita' competenti la loro posizione irregolare e la non applicazione delle sanzioni per i datori di lavoro che, autodenunciandosi, avessero regolarizzato i dipendenti stranieri irregolari. Nonostante il voto favorevole della maggioranza in commissione, il capogruppo del Popolo delle Libertà Maurizio Gasparri, e' intervenuto in Aula annunciando il voto contrario del gruppo all'articolo cosi' formulato specificando che ''riteniamo opportuno non varare l'articolo 48, ma legiferare su tutta la materia in termini generali'' .(...) Non ci sarà nessuna affrettata sanatoria per extracomunitari o lavoratori in nero. Abbiamo stralciato l'articolo 48 della legge comunitaria affinchè su questi aspetti si continui ad agire nel solco della legge Fini-Bossi, ingresso di quote limitate e regole specifiche per il lavoro stagionale e delle norme ulteriori introdotte a contrasto della clandestinità e per l'integrazione".
L'attuazione della direttiva sulle sanzioni contro il lavoro irregolare appariva fondamentale sia per combattere efficacemente il lavoro nero, sia per incentivare gli stranieri irregolari a denunciare: in particolare gli artt. 6 e 13 della direttiva prevedono il rilascio di permessi di soggiorno agli sfruttati in condizione di irregolarità di soggiorno, oltre che il recupero dei contributi evasi e delle retribuzioni non pagate mediante azioni sindacali, il che appare un ottimo disincentivo al ripetersi di tragedie piccole e grandi.(commento a cura di Paolo Bonetti)

Il Testo della Direttiva 2009/52/CE (764.71 KB) e una breve sintesi dei contenuti
L'art. 48 stralciato
Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2009
Art. 48.

(Delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2009/52/CE)

1. Il Governo è delegato ad adottare, nei termini di cui all'articolo 1, comma 1, uno o più decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare completa attuazione alla direttiva 2009/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

2. Conformemente ai princìpi e alle procedure di cui gli articoli 1 e 2, il Governo, nell'esercizio della delega di cui al comma 1, si attiene altresì ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che le nuove sanzioni che verranno introdotte in applicazione di quanto previsto dalla direttiva siano efficaci, proporzionate e dissuasive, nonché volte ad assicurare l'emersione più ampia possibile del lavoro nero, il conseguente recupero fiscale e contributivo da parte dello Stato e la contestuale tutela del lavoratore illegale sfruttato;
b) prevedere l'introduzione di meccanismi idonei a garantire l'effettiva percezione da parte del lavoratore del pagamento di ogni retribuzione arretrata dovuta ai cittadini di Paesi terzi assunti illegalmente, nonché di tutte le imposte e i contributi previdenziali che il datore di lavoro avrebbe pagato in caso di assunzione legale del cittadino di un Paese terzo, incluse le penalità di mora e le relative sanzioni amministrative;
c) prevedere nei decreti legislativi di recepimento l'introduzione di misure mirate ad affrontare il fenomeno dell'intermediazione abusiva di manodopera, al fine di introdurre strumenti dissuasivi atti a contrastare il fenomeno del caporalato;
d) al fine di favorire con tutti i mezzi concessi dalla legislazione vigente la comunicazione da parte del lavoratore clandestino alle autorità competenti della propria posizione di irregolare, introdurre meccanismi atti a facilitare la possibile denuncia dello sfruttamento lavorativo o delle condizioni di illegalità del suo rapporto di lavoro, anche prevedendo a tal fine la possibilità che, a seguito della avvenuta comunicazione alle autorità competenti della propria condizione di irregolare, venga concesso un permesso di soggiorno temporaneo per ricerca di lavoro, trascorso il quale si potrà procedere ad espulsione;
e) prevedere la non applicazione delle sanzioni a carico di quei datori di lavoro che scelgano di autodenunciarsi e siano disposti a regolarizzare la posizione dei lavoratori impiegati clandestinamente, nonché a corrispondere loro le retribuzioni e i contributi arretrati che sarebbero stati dovuti in caso di assunzione regolare;
f) verificare la possibile estensione delle norme contro il lavoro nero extra-comunitario anche al lavoro nero nazionale qualora tali norme risultassero più favorevoli alla parte contrattuale più debole.

Adesioni a Primo Marzo 2010

giovedì 28 gennaio 2010

- African Forum in Italy

- AIAB (Associazione Italiana Agricoltura Biologica)

- AlbaniaNews.it

- Amici di Abba (Milano)

- Amnesty International

- Amnesty International di Palermo

- AMSI ( Associazione Medici di origine straniera in Italia)

- A.N.P.I sezione di Catania

- Architetti Senza Frontiere

- Arci Metromondo (Milano)

- Arci Milano

- Arci Zahagridi (Milano)

- Aria Civile (Milano)

- Assemblea difesa scuola pubblica (Vicenza)

- Associazione Abarekà Nandree Onlus (Milano)

- Associazione Alfabeti Onlus (Milano)

- Associazione Al WIFAK marocchini residente a genova

- Associazione Ambulatorio Internazionale Città Aperta (Genova)

- Associazione Antimafie "Rita Atria"

- Associazione Babele (Taranto)

- Associazione Bambini in Romania

- Associazione 'Casa della donna' (Pisa)

- Associazione Ci siamo anche noi (Milano)

- Associzione Città meticcia (Ravenna)

- Associazione “Cittadini del Mondo” (Varese)

- Associazione COOPI

- Associazione COPEI (Milano)

- Associazione Culturale Altre Voci (Rovato – BS)

- Associazione culturale Contigo Peru (Firenze)

- Associazione Dimensioni Diverse (Milano)

- Associazione Immigrati di Pordenone

- Associazione Immigrati ASIM (Catanzaro)

- Associazione Insieme per la Pace (Milano)

- Associazione Difesa Lavoratori Invisibili ( Treviso)

- Associazione "La Comunità per lo Sviluppo Umano"

- Associazione Life (Ravenna)

- Associazione ManaManà

- Associazione Milano Città Aperta

- Associazione Mir Sada (Lecco)

- Associazione Nhelete (Bologna)

- Associazione Nives Bezzo (Milano)

- Associazione "NonUnodiMeno"

- Associazione Pakaritambo (Milano)

- Associazione "Psicologi per i Popoli nel Mondo" (Milano)

- Associazione per l'iniziativa radicale Andrea Tamburi (Firenze)

- Associazione Radicale Enzo Tortora (Milano)

- Associazione Rumori Sinistri - Sportello Migranti (Rimini)

- Associazione Rurale Italia (ARI)

- Associazione Scuola di Pace ( Napoli)

- Associazione Sodalizio del Libro (Milano)

- Associazione di solidarietà e cooperazione internazionale LVIA

- Associazione Todo Cambia (Milano)

- Associazione Umanista un Mondo senza Guerra e senza Violenza

- Associazione Un ponte per...

- Associazione vittime ed ex vittime della tratta

- Associazione Razzismo STOP ( Padova)

- Associazione Rondine (Milano)

- Associazione per gli Studi Giuridi sull’Immigrazione ( ASGI)

- Associazione Studio 3R (Milano)

- Associazione studentesca Capramagra

- Associazione Sunugal (Milano)

- AudioCoop

- BCCI (Istituto di Cultura Bengalese)

- Bogdan Kwappik Ass Nuova Multietnica 2001

- Brigata di Solidarietà attiva Lazio

- Cantiere (Milano)

- Caritas - Zona Pastorale di Monza

- Casa Loca ( Milano)

- Circolo XV Martiri (Milano)

- Centro missionario Pime (Milano)

- Centro Sociale Villaggio Globale (Roma)

- CESTAS (Bologna)

- ChiAma l'Africa

- CIDIS ONLUS (Roma)

- Circolo ANSPI (Ferrara)

- Circolo Arci Maurice (Torino)

- Circolo di cultura GLBT Maurice (Torino)

- Circolo "Pink" (Verona)

- CISPI

- Cittadinanzattiva Direzione Nazionale

- Cittadinanzattiva di Castelfranco Emilia (Mo)

- Cittadinanzattiva dei Colli Prenestini e Tiburtini (Roma)

- Cittadinanzattiva Lazio

- Cittadinanzattiva Napoli Centro

- Città Meticcia (Ravenna)

- Collettivo Studentesco Città Studi (Milano)

- CO-MAI ( Comunità del Mondo Arabo in Italia)

- Collettivo Comunista B. Brecht (Veneto Orientale)

- Collettivo Mistral (Università di Firenze- Geologia/Restauro/Scienze Naturali)

- Comitato Genitori ed Insegnanti per la Scuola Pubblica ( Padova e Provincia)

- Comitato NO Pacchettosicurezza (Reggio Emilia)

- Consiglio comunale di Torino

- Consiglio Comunale di Carugate (MI)

- Coordinamento Immigrazione della Caritas (Agrigento)

- Coordinamento Lombardo Nord Sud del Mondo (Milano)

- Coordinamento Migranti (Verona)

- Coordinamento Migranti (Bologna)

- Coordinamento Precari della scuola (Bologna)

- Coordinamento regionale ligure di Agire politicamente

- Coordinamento Torino Pride LGBT

- COSPE (Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti)

- CRIC centro regionale di intervento per la cooperazione (Milano)

- Direzione Regionale dei Giovani Democratici della Lombardia

- Donne in Nero (Padova)

- Emergency

- Esquilinotizie

- Federazione Giovanile Evangelica Italiana

- FIM nazionale

- Fratelli dell’Uomo ONG

- Forum Cittadini del Mondo (Grosseto)

- FISMIC (Sindacato Autonomo dei Lavoratori Metalmeccanici)

- FNSI ( Federazione Italiana Stampa Italiana)

- GALUMA Onlus (Roma)

- Giornalisti contro il razzismo

- Giovani Democratici Lombardia

- Gruppo Come (Milano)

- Gruppo consiliare PD della Provincia di Vicenza

- Gruppo Studentesco "Formica Democratica" Università Cattolica di Milano

- Integra Onlus

- IPSIA

- Italiacivile.it

- LegaAmbiente

- Le Giraffe Associazione Documentazione Sociale

- Libera Università delle Donne

- Associazioni Le Radici e le Ali (Milano)

- Magistratura democratica

- Mixa Magazine

- Monimbò Bottega del Mondo (Perugia)

- Movimento per la giustizia - Art.3

- Movimento Umanista (Milano)

- Movimento 5 Stelle Lombardia

- Outis - Centro Nazionale di Drammaturgia Contemporanea (Milano)

- Partito dei Comunisti Italiani

- Partito dei Verdi Italiani

- Partito Democratico, in particolare:

* On. Livia Turco
* Sen. Ignazio Marino
* Giuseppe Civati
* Andrea Sarubbi
* Ivan Scalfarotto
* On.le Debora Serracchiani
* Sen. Roberta Pinotti
* Circolo 02PD Milano
* Circolo Pd Milano forma partito
* Circolo PD Caravaggio (MI)
* Circolo PD Giambellino (Milano)
* Circolo PD Centrostorico (Trento)
* Circolo PD Lissone (MB)
* Circolo PD Esquilino (Roma)
* Circolo tematico Forma Partito (Milano)

* Circoli PD nel mondo:
* Circolo PD Londra
* Circolo PD Amburgo/Wilhelmsburg
* Circolo PD Amsterdam
* Circolo PD Basilea
* Circolo PD Berlino
* Circolo PD Boston
* Circolo PD Bruxelles
* Circolo PD Delft
* Circolo PD Francoforte
* Circolo PD "Le donne" Germania
* Circolo PD Ginevra
* Circolo PD Liegi
* Circolo PD Ludwigshafen
* Circolo PD Lussemburgo
* Circolo PD Lussemburgo, Agorà
* Circolo PD Monaco
* Circolo PD New York
* Circolo PD Nova Friburgo-Rio de Janeiro
* Circolo PD Parigi
* Circolo PD Porto Alegre
* Circolo PD Rio de Janiero
* Circolo PD Zurigo
* Circolo PD Winterthur

- Partito Verde Europeo

- Peacereporter ( Media Partner dell’Iniziativa “Primo Marzo 2010”)

- Popica Onlus

- Prc – Dipartimento Immigrazione

- Progetto Sulla Soglia (Vicenza)

- PSI

- Radiosonar.net

- Rdb

- RdB Sardegna

- Rete Artisti contro le guerre

- Rete Scuole

- ReteLegale.net

- Romattiva.org

- Rototom Sunsplash

- SDL ( Sindacato dei Lavoratori Intercategoriale)

- Sindacato Lavoratori in Lotta

- Sinistra Critica

- Sinistra Critica Aprilia

- Sinistra Ecologia Libertà segreteria nazionale

- Sinistra Ecologia e Libertà (Milano)

- Sinistra Ecologia e Libertà (Circolo di zona del Legnanese)

- Sinistra ecologia e libertà (Vetralla)

- Sinistra italiana in Svizzera

- SISA ( Sindacato Indipendente Scuola Ambiente)

- Solidarietà e Cooperazione CIPSI

- Spazio Tadini (Milano)

- Terre di Mezzo

- Terres des Hommes

- Trickster - Rivista di Studi interculturali dell'Università di Padova

- TsG - TriesteGiovane

- Ucodep

- Ucuntu.Org

- Unione Inquilini

- Unione delle associazioni marocchine della liguria

- ULD Unità Lotta e Democrazia, Studenti di Sinistra" ( Università
Cattolica)

- Villaggio Globale (Roma)

Il Movimento Federalista Europeo aderisce al Primo Marzo 2010

martedì 26 gennaio 2010

La Direzione nazionale del Movimento Federalista Europeo, riunita a Milano il 23 gennaio 2010,


rileva che



con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona viene esteso il voto a maggioranza qualificata nel Consiglio in oltre quaranta nuove materie, tra le quali lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia – che comprende i controlli alle frontiere, l’asilo e l’immigrazione, la cooperazione giudiziaria civile e penale e la cooperazione di polizia – e che, pertanto, sarà possibile delineare una politica europea in questi campi, con gli strumenti della procedura legislativa ordinaria, basata sulla codecisione tra Parlamento e Consiglio su proposta della Commissione;

osserva che



- il fenomeno migratorio ha assunto nei Paesi dell’Unione dimensioni notevoli (sono almeno 25 milioni i residenti extracomunitari, senza considerare gli immigrati clandestini), conseguenza della ineguale distribuzione dell’accesso alle risorse, del potere e dei diritti politici, sociali ed economici nel mondo;

- le politiche nazionali nei confronti del fenomeno migratorio si sono rilevate finora, in larga misura, inadeguate, dal punto di vista della gestione del problema (accoglienza, inserimento), da quello della tutela dei diritti individuali, civili e sociali, ed in termini di politica di aiuto allo sviluppo nei confronti dei paesi poveri;

- in questi decenni si è determinata, a causa delle differenti legislazioni nazionali in materia, una situazione confusa, incerta e contraddittoria nella tutela dei diritti civili, politici, sociali ed economici della popolazione immigrata nei Paesi dell’Unione;


constata che



- il concetto di cittadinanza europea, così come delineato nel Trattato di Maastricht, pur costituendo un’innovazione importante dal punto di vista giuridico-politico in quanto consente di attribuire diritti politici ai cittadini comunitari in base al criterio della residenza indipendentemente dalla nazionalità, crea però una discriminazione ancora più forte tra europei e cittadini di paesi terzi, i quali, pur risiedendo anche da molti anni in uno Stato membro, godono di meno diritti sia nei confronti dei cittadini di quello Stato, sia di un qualsiasi altro Stato dell’Unione;

- i tentativi finora condotti dalla Commissione europea (Direttiva del 2001) volti a ravvicinare lo status giuridico dei cittadini di paesi terzi a quello dei cittadini dei paesi membri offrendo a coloro che soggiornano legalmente in maniera prolungata l’opportunità di ottenere la cittadinanza dello stato membro in cui risiedono (e quindi la cittadinanza europea) si sono infranti contro la volontà del Consiglio (2003) di svuotarne di contenuto la portata innovativa;


ritiene che



si renda necessaria una reale politica europea per l’immigrazione e contro l’esclusione attraverso l’emanazione di atti legislativi ed iniziative politiche basate sui seguenti principi:


1) una programmazione europea dei flussi migratori concordata con i Paesi terzi, a cominciare da quelli della sponda mediterranea dell’Africa, con regole europee volte ad eliminare disparità di trattamento in ingresso, nell’accoglienza e nel primo inserimento;

2) la costituzione di un’Agenzia Europea del Lavoro che presieda all’inserimento degli immigrati nel mondo del lavoro ‘legale’ e ad una prima attività di formazione;
3) una politica europea di aiuto allo sviluppo che razionalizzi l’impiego delle risorse e dia impulso unitario a progetti a favore dei PVS;


afferma che



- con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona che rende vincolante la Carta europea dei diritti fondamentali “tutte le persone sono uguali davanti alla legge” (art. 20) e che “nell’ambito di applicazione dei trattati…..è vietata qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità” (art. 21 – 2) e che pertanto non è più accettabile che persone residenti da lungo periodo all’interno dell’Unione, che lavorano, pagano tasse e contributi sociali, vengono richiesti di obbedire al nostro sistema di leggi e che, nonostante ciò, siano esclusi dal diritto alla partecipazione politica, che sia impedito loro l’accesso al diritto di concorrere alla formazione delle leggi che poi dovranno rispettare;

- all’interno del territorio dell’Unione europea si sono oramai determinate caste di cittadinanza con diritti differenti: a) cittadini nazionali che vivono sul loro territorio nazionale, con diritto di voto e di eleggibilità per tutte le elezioni; b) cittadini della UE che vivono in un Paese membro diverso dal loro e godono dell’elettorato attivo e passivo solamente per le elezioni municipali ed europee; c) originari di Stati terzi che a seconda dei casi godono (Belgio, Danimarca, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Svezia) o meno (Germania, Austria, Francia, Grecia, Italia) dei diritti elettorali per determinate elezioni locali in funzione della legislazione del paese di residenza, con delle particolarità per alcuni Paesi (Spagna, Portogallo, Regno Unito); d) infine in tutti gli Stati vi sono i paria, i senza casta, i clandestini;

- l’attuale cittadinanza europea istituisce uno status giuridico post-nazionale, ma pre-cosmopolitico, nella misura in cui dalla cittadinanza dell’Unione restano escluse persone che provengono da Paesi Terzi;

- la cittadinanza europea deve essere intesa, invece, come l’embrione della cittadinanza cosmopolitica, una cittadinanza che, in quanto tale, amplia la portata e rafforza i contenuti dei diritti liberali, politici e sociali, che consente al cittadino di liberarsi dalla condizione di minorità morale e civile in cui lo relega l’ideologia del nazionalismo e che gli consente di avere diritti (e doveri) in qualsiasi luogo del mondo voglia risiedere, in quanto persona;


e che, pertanto,



è giunto il momento di rompere l’ultimo legame tra la cittadinanza e la nazionalità – retaggio storico dello Stato-nazione – e di fondare la cittadinanza europea sulla residenza in base alla quale si possa affermare che “è cittadino dell’Unione chiunque abbia la residenza nel territorio di uno Stato membro o abbia la nazionalità di uno Stato membro”;


invita



le sezioni e le strutture territoriali a sviluppare un fecondo confronto con le associazioni degli immigrati (comunitari ed extracomunitari) per far comprendere il legame intrinseco tra l’obiettivo della federazione europea e l’estensione del diritto di cittadinanza, avviando una battaglia comune su questo obiettivo strategico al fine di far avanzare il processo di unificazione europea in senso federale;


aderisce



a tal fine, all’iniziativa “Primo Marzo sciopero degli stranieri”, anche come primo momento di mobilitazione per una cittadinanza europea di residenza.

Assemblea delle realtà migranti e antirazziste: cosa è stato deciso

Comunicato conclusivo dell'Assemblea nazionale delle realtà migranti ed antirazziste
che so è tenuta a Roma lo scorso 24 gennaio

«Le drammatiche vicende di Rosarno sono un'espressione dell'offensiva razzista e contro i diritti dei lavoratori in corso nel nostro paese.
L'assemblea solidarizza con le ragioni che hanno spinto gli immigrati di Rosarno a ribellarsi reagendo allo sfruttamento, alla criminialità organizzata e agli attacchi razzisti.
La politica repressiva del Governo colpisce gli immigrati e alimenta xenofobia e razzismo nella nostra società.
Queste vicende rafforzano l'esigenza di costruire una rete permanente di collegamento tra le diverse realtà di migranti e antirazziste sulla base della piattaforma del 17 Ottobre per rendere più stabile e efficace l'iniziativa.
L'asemblea esprime la necessità di articolare territorialmente le mobilitazioni in solidarietà con gli immigrati di Rosarno, impegnandosi a sviluppare prioritariamente iniziative per la libertà degli immigrati e dei rifugiati provenienti da Rosarno ancora rinchiusi nei CIE di Bari e Crotone affinchè sia loro concesso un permesso di soggiorno per motivi umanitari. L'assemblea si impegna a sostenerere iniziative e mobilitazioni eventualmente promosse in Calabria, compresa la convocazione di un incontro nazionale da realizzarsi ad Aprile come momento di approfondita riflessione comune.
L'assembela si pronuncia per promuovere una forte campagna di sensibilizzazione antirazzista a partire dal mese di marzo.
Decidiamo, anche in solidarietà con i migranti francesi promotori dello sciopero del 1° Marzo e raccogliendo lo spirito dei promotori del Comitato 1° Marzo, di indire per quella stessa data una giornata di forte mobilitazione nazionale sulla base della piattaforma del 17 Ottobre e in special modo per la regolarizzazione di tutti gli immigrati e il pieno godimento dei diritti di cittadinanza, riconoscendo il valore politico delle lotte dei migranti in particolar modo quando investono il terreno dei rapporti di lavoro.
Ogni realtà territoriale articolerà l'iniziativa attraverso forme diverse compreso lo sciopero là dove se ne presenti la possibilità concreta a partire dai posti di lavoro.
Sosteniamo inoltre l'esigenza di convocare uno sciopero generale sui temi del lavoro migrante.
Ci adoperiamo fin d'ora ad organizzare dal basso un Convegno le cui modaltà e forme saranno discusse nella prossima assemblea».

La FNSI appoggia Primo marzo 2010*

Intervista al segretario della Federazione nazionale della stampa Franco Siddi
La federazione nazionale della Stampa considera l'iniziativa come un'opportunità in più per qualificare l'informazione in direzione di una rappresentazione corretta dei bisogni della società contemporanea, di una società che ha necessità di integrazione, di promuovere e far crescere la cultura dell'accoglienza unitamente alla cultura della reciproca comprensione e conoscenza. Giornali e giornalisti devono essere testimoni dei fatti e degli eventi, ma anche protagonisti della vita sociale del Paese in cui abitano, e quindi aiutare con una informazione corretta gli stranieri e i lavoratori immigrati a capire e conoscere meglio la realtà in cui arrivano, che è fatta di usi, costumi e leggi. Questo vale anche per i nostri migranti, che vanno per le vie del mondo a cercare un lavoro e un futuro, ma vale anche per il migrante che arriva nel nostro Paese e che spesso noi trattiamo come trattarono noi all'inizio del secolo scorso, e questo è intollerabile.

Esiste per i giornalisti un documento che richiami all'etica in relazione a tali tematiche?

Uno dei punti di riferimento per tutti i giornalisti è la Carta di Roma, protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti, che deve entrare nei percorsi di formazione dei nuovi giornalisti e nella conoscenza, nella consapevolezza e nell'assunzione di un criterio di responsabilità da parte di tutti i giornalisti attraverso attività di monitoraggio, di dialogo, di confronto. La Carta ha un anno di vita, ma già il fatto che se ne cominci a parlare aiuta a capire che c'è un ulteriore punto di riferimento attraverso il quale affinare i canoni di comportamento per questioni così delicate e complesse, ma che devono essere improntate al valore del rispetto e della dignità.
Cosa farà la Fnsi come adesione allo sciopero degli immigrati?
Non abbiamo affrontato l'argomento. Siamo un'organizzazione storica che ha un percorso di formazione democratica delle decisioni. Sicuramente faremo una riflessione nei prossimi giorni per vedere che tipo di rapporto possiamo costruire, oltre all'attività di sensibilizzazione e promozione culturale che stiamo facendo. La Federazione nazionale della stampa verificherà dal punto di vista operativo cosa si può fare, ma storicamente è un'organizzazione impegnata a togliere i veli, a evitare che passi il silenziatore sugli abusi sui più deboli, a prescindere dal colore della pelle e dal Paese di provenienza. Il nostro è sempre un impegno attivo. Sulle forme dell'adesione alla promozione sociale di questo tipo di impegno, queste sono differenziate rispetto a chi può fare uno sciopero specifico. Il nostro primo 'sciopero' in questo caso è informare di più e meglio.
Non voglio portarla sul piano della polemica, ma il Giornale, qualche giorno fa, ha titolato 'Sciopero vietato ai negri'. Che ne pensa?
Provo imbarazzo e non condivido questi titoli. Mi rendo conto che un giornalista che ha una responsabilità di categoria deve stare attento a rispettare la libertà di tutti e anche la libertà dell'irriverenza di tutti, ma credo che nella cultura del mondo sviluppato il richiamo, in un titolo, alla discriminazione è sbagliato e negativo che non appartiene alla nostra più avanzata cultura professionale. Purtroppo nella società questo c'è e quindi esistono anche giornali che sono specchio di un certo modo di pensare che resiste e che credo non faccia del bene al nostro Paese.

*Intervista di Luca Galassi, pubblicata su Peace Reporter

Lo sciopero che fa tremare i sindacati*

domenica 24 gennaio 2010

«Sbagliato incrociare le braccia solo sul tema dei migranti»
Il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ha appena scritto una lettera ai sindacati dei paesi europei ed africani. La stessa, in queste ore, sta circolando nelle e-mail delle principali camere del lavoro sparse sul territorio, come per tirare su il morale alla «truppa» in un momento piuttosto difficile.
Sono due pagine di sincera preoccupazione, quasi una richiesta di aiuto ai colleghi stranieri, «voglio informarvi della grave situazione che stanno vivendo in Italia i lavoratori immigrati a causa della politica del Governo Berlusconi...». Epifani mette a fuoco la situazione disperante, usa toni molto duri, «questa politica cieca e crudele», chiama le cose con il loro nome e quindi i Cie sono «centri di internamento», e scrive che la Cgil si è «immediatamente schierata a tutela dei lavoratori immigrati impegnati a Rosarno». Dello sciopero del Primo Marzo - Una giornata senza di noi - nemmeno una parola.
A mettere il dito nella piaga, ieri, ci ha pensato il Giornale di Feltri con un titolo di apertura velenoso e cafone, «Sciopero vietato ai negri», e la tesi secondo cui i sindacati starebbero boicottando lo sciopero degli immigrati. Il pezzo, però, è stato «caricato» sul blog degli organizzatori del Primo Marzo 2010. «Tutto sommato, pur con un linguaggio bieco che non condividiamo, quell'articolo dice cose su cui il sindacato dovrebbe cominciare a riflettere». E questa è l'opinione di Stefania Ragusa, che ormai passa le giornate a raccogliere, e raccordare, adesioni allo sciopero dei migranti. Poi ci sono altre riflessioni, «dette tra noi», raccolte tra alcuni sindacalisti della Cgil, della serie, «eh insomma... hanno toccato un nervo scoperto...». E poi ancora c'è la linea ufficiale della segreteria, che non vuol sentir parlare di sciopero dei migranti.
Per Morena Piccinini, segretaria confederale con delega all'immigrazione, «è un errore in sé». Anche se il problema sollevato esiste, eccome. «L'idea dello sciopero - ammette - può esercitare una grande attrazione perché punta a dimostrare che senza gli immigrati l'intera società italiana sarebbe più povera. Non penso che sia sbagliato perché c'è il rischio che non funzioni, penso che sia un errore perché oggi, in un contesto influenzato da spinte razziste, uno sciopero esclusivamente dei migranti indebolirebbe proprio loro». E allora perché non convocarne uno tutti insieme? «Ma per il 12 marzo - replica piccata - noi abbiamo convocato uno sciopero generale, e il tema dell'immigrazione sarà posto al centro di quella giornata. La battaglia per l'affermazione dei lavoratori migranti non può essere altra cosa da una battaglia comune a tutti per uscire da questa crisi, che vuol dire anche lavoro nero, sfruttamento...»
Stesso ragionamento alla Cisl, che, tanto per intenderci, dopo i fatti di Rosarno si è recata in loco per un incontro pubblico con il ministro degli Interni Maroni e i sindacati di polizia. «Noi abbiamo molte perplessità su questo sciopero - dice una voce che rappresenta la linea della segreteria - perché riteniamo che sia un'inizativa che divide gli immigrati dagli italiani. E poi è stata lanciata su facebook con parole d'ordine discutibili e che possono prestarsi a strumentalizzazioni in un periodo come questo di campagna elettorale». Naturalmente, anche qui, nessuno è disposto a farsi impartire lezioncine strumentali da il Giornale: «I sindacati in questo paese hanno una storia antica e non sono nati sulla scia di episodi estemporanei... un movimento senza obiettivi precisi rischia di essere pericoloso, sia per l'opinione pubblica che per gli immigrati». Poi, en passant, la stessa voce evoca un'altra data, il primo maggio, «se non lo dedichiamo agli immigrati quest'anno...»
Da qui, fino al primo marzo, passi in avanti probabilmente se ne faranno pochini. Un vero peccato, considerando le ragioni espresse con forza dalla lettera di Gugliemo Epifani - che chiede ai sindacati stranieri di «affiancare» la Cgil sostenendo «la richiesta del rispetto dei diritti umani» - unite al disagio di chi percepisce chiaramente che dopo Rosarno l'azione del sindacato rischia di essere superata dagli eventi. La nota della Cgil di Pavia, per esempio, attacca la provocazione di Feltri, ma si chiude così: «Da tempo si discute della possibilità che gli immigrati incrocino le braccia il primo di marzo, tema che si sta affrontando con le associazioni, con le organizzazioni sindacali confederali, con le comunità immigrate per trovare la risposta più idonea, unitaria, e che tenga unite le fasce sociali del lavoro. Qualsiasi cosa si deciderà, sarà la vera novità di questo inizio anno». Franco Vanzati, segretario a Pavia, con sincerità ammette che «la Cgil su Rosarno avrebbe dovuto fare di più, questo rischia di essere un fatto di non ritorno, se il razzismo istituzionale si salda con fasce sempre più ampie della popolazione noi rischiamo di essere messi in un angolo, è un problema serio... davvero non so dire se lo sciopero sia giusto o meno. Però serve un salto di qualità da parte nostra, ma dobbiamo stare attenti a costruire ambiti che ci facciano restare tutti insieme». Anche perché dopo Rosarno, nelle fabbriche, nei cantieri, nei luoghi di lavoro, «le politiche di tutela della Cgil vengono giudicate insufficienti dagli immigrati».

*Pubblicato da il Manifesto il 22 gennaio 2010, a firma Luca Fazio

Immigrati e sindacati: un problema c'è*

Il quotidiano di Vittorio Feltri ha avviato una nuova campagna denigratoria contro il sindacato confederale, questa volta prendendo a pretesto la difficoltà di quest'ultimo nell'offrire copertura, formale e politica, ad uno sciopero generale dei migranti, tema carsicamente riaffiorante nelle comunità immigrate e nei loro coordinamenti sindacali, ma ora - dopo i drammatici fatti di Rosarno - ripropostosi con nuova forza. Ora, che il neonato interesse de il Giornale per la sorte degli immigrati sia "peloso" è cosa certa e manifesta. Non abbiamo mai letto nulla (nè mai nulla leggeremo) su quelle pagine, che somigliasse ad una critica, pur velata, alla legislazione xenofoba che genera clandestinità, o che contestasse al centrodestra il rifiuto di riconoscere il permesso di soggiorno a quanti, fra i migranti regolari, provassero a portare alla luce la propria condizione di sfruttati. Che oggi il Giornale usi la loro voglia di riscatto e la loro rivendicazione di dignità come corpo contundente contro i sindacati è una acrobazia politica talmente palese che è difficile immaginare possa trovare, persino fra i propri lettori, chi sia disposto a prestarvi fede.
C'è tuttavia un nodo, questo sì reale, che il sindacato non ha sino ad oggi saputo o voluto sciogliere. I migranti rappresentano ormai una percentuale a due cifre di tutti gli iscritti, fra gli "attivi". In alcune categorie, soprattutto nei settori manifatturieri, gli stranieri toccano o superano il 20% delle adesioni. Ebbene, accade che finché la tutela dei loro diritti e dei loro interessi coinvolge i diritti e gli interessi dell'insieme dei lavoratori, tutto fila liscio. Quando invece entra in gioco la specificità della condizione migrante, non direttamente assimilabile a quella dei nativi, le cose si complicano. Perché delle due l'una: o i lavoratori migranti si muovono come parte nel tutto - e si danno propri strumenti di rappresentanza, di decisione e di azione - ma questo urterebbe fragorosamente contro il carattere universalistico dell'azione sindacale; oppure tutti i lavoratori devono essere chiamati a sostenere la causa di una minoranza emarginata e discriminata. Se, dunque, uno sciopero generale "etnico", promosso cioè per una sola porzione del mondo del lavoro nel disinteresse dell'altra contraddice l' imprinting solidaristico e la natura confederale del sindacato, è del tutto evidente come la proclamazione di un'astensione di tutti i lavoratori debba fare i conti con i retaggi culturali, le tossine xenofobe largamente diffuse fra ampi strati dei lavoratori dipendenti, soprattutto del nord.
E' dunque ora che il problema - per troppo tempo rimosso ed eluso per il timore di contraccolpi non governabili - sia afferrato per le corna. Nel solo modo possibile. Vale a dire promuovendo una grande discussione di massa, dentro ogni luogo di lavoro. Se questo non si farà e se i migranti matureranno la convinzione che la loro diversità sia - persino dentro il loro sindacato - un ostacolo alla piena uguaglianza, finiranno fatalmente per trovare altre strade. E, paradossalmente, potrebbe essere proprio la destra a trarne beneficio.

*Pubblicato da Liberazione il 22 gennaio, a firma Dino Greco

Il Partito Democrato aderisce al Primo Marzo

venerdì 22 gennaio 2010


Carissime, vi ringrazio per per aver avuto il coraggio, l'intelligenza e l'entusiasmo di lanciare un sasso capace di smuovere le acque e di suscitare tanti cerchi e tante onde. Le acque, i cerchi, le onde della partecipazione, della volontà di esserci insieme, Italiani e nuovi Italiani, Italiani e nuovi cittadini. Per costruire una civile convivenza. Per urlare insieme "No al Razzismo, sì alla civile convivenza". C'è bisogno di fiducia, di protagonismo, di relazioni umane. C'è bisogno di obiettivi concreti e condivisi per cambiare le brutte leggi sull'immigrazione e migliorare la qualità della vita di tutti coloro che soffrono la precarietà, che vivono la disoccupazione, che patiscono la povertà. C'è bisogno di unità e convergenza per difendere la nostra democrazia e renderla più forte. Io sarò con voi il Primo Marzo. Saremo in tanti del Pd con voi. Daremo il nostro contributo a questa giornata della partecipazione e perchè nasca una primavera della civile convivenza. Faremo la nostra parte in Parlamento, nelle Istituzioni locali e sul territorio per difendere e promuovere la dignità degli immigrati, favorire la loro partecipazione politica, favorire l'incontro tra Italiani ed immigrati.

Ancora una volta, grazie!

Con amicizia.

Livia Turco

Clip Reporter





(clic sul titolo per vedere il video) Grazie ai ragazzi del Master in Giornalismo dello Iulm


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Immigrati. Il sindacato vieta lo sciopero ai negri*

giovedì 21 gennaio 2010

Questo articolo, col titolo che riportiamo e dal quale ci dissociamo, è stato pubblicato oggi da Il Giornale.

Gli stranieri che lavorano in Italia vorrebbero incrociare le braccia il primo marzo per far vedere quanto contano. Ma Cgil, Cisl e Uil dicono no: temono di perdere il loro potere. L'80% degli stranieri sogna una rappresentanza tutta sua e questo per i confederali è un terremoto
Invisibili. Li vedono solo da clandestini, quando stanno nelle piantagioni dei nuovi signori del latifondo, sotto la schiavitù della ’ndrangheta, della camorra, della mafia. Quando finiscono nel fuoco di certe piazze da far west, sui marciapiedi del sesso, da delinquenti, da rapinatori, da razziatori di ville. Quando lavorano no, non li vede nessuno. La normalità non paga. Invisibili. Invisibili soprattutto per il sindacato, che li ha lasciati alla deriva, che li vede come carne da macello, come questione politica, come un affare. Questo sindacato di pensionati ed ex tute blu, di funzionari in giacca e cravatta e aspettative non li riconosce. Questo sindacato che assomiglia sempre più a una società di servizi, con fini di lucro, specializzato in dichiarazione dei redditi, in corsi di formazione lavoro con i soldi Ue, in tutto quello che è affari e parcelle non riesce neppure a intercettarli. Stanno giù, troppo giù. Invisibili. E se per caso pensano di scioperare, per un solo maledetto giorno, la risposta di Cgil, Cisl e Uil è un no in piena faccia. Gli invisibili non scioperano.
C’è una domanda che da un po’ di tempo rimbalza su blog, social network, quotidiani, tazebao, bollettini vari, giornalini delle parrocchie: che cosa accade se quattro milioni di immigrati incrociano le braccia? È un ritornello che arriva dalla Francia, dove l’appuntamento è per il primo marzo. La giornata senza migranti è stata buttata lì, quasi per caso, da Emma Bonino. La guerriglia di Rosarno l’ha rilanciata, creando un tam tam nel sottobosco del web.
Lo scenario è quello di un’Italia dove chi fa i lavori più duri, quelli che nessuno vuole più fare, quelli che mandano avanti le fabbriche del Nord, i latifondi del Sud e le aziende del Nord-Est si ferma, sciopera, non lavora. È un modo per contarsi e per mandare un segnale: noi ci siamo e siamo utili. Molti operai, per la verità, questo sciopero non possono permetterselo. Non possono rinunciare a un giorno di salario. E questo la sa anche la Bonino. Ma, a quanto pare, l’ostacolo maggiore è un altro.
Quando la giornata senza migranti è arrivata nelle segreterie del sindacato più di qualcuno ha avuto una mezza sincope. Uno sciopero degli immigrati? Non scherziamo. La Cisl ha fatto sapere che il discorso è troppo vago, servono contenuti precisi, certe cose non s’improvvisano: «È inutile parlare alla pancia degli immigrati». La Uil ha risposto con un no secco: «Gli italiani non capirebbero questo tipo di sciopero». La Cgil ha preso atto, tergiversato, con generici vediamo. Cose del tipo: il primo marzo è troppo presto, meglio prima delle elezioni e poi non è che possono incrociare le braccia solo gli immigrati, qui serve una grande manifestazione nazionale, con italiani e stranieri in piazza, insieme. Hanno cominciato, insomma, a buttarla sulla politica. Imbarazzo.
I comitati «primo marzo» quasi non volevano crederci. Ma come, proprio i sindacati storici ci boicottano? Impossibile. Eppure è così. Kurosh Danesh, iraniano, dirigente Cgil dice: «Non esiste lo sciopero generale etnico. Esiste lo sciopero generale dei lavoratori. Semmai potremmo ragionare su uno sciopero con al centro il tema dell’immigrazione». Ed è tutta un’altra filosofia.
Il timore è che tutta questa storia sfugga di mano. Gli immigrati si sono avvicinati al sindacato solo negli ultimi anni. È un’onda che sta riportando le confederazioni a questioni antiche, quando non si riscrivevano le Finanziarie ma si lottava per il salario. Quando il sindacato non era un comitato di affari. I lavoratori extracomunitari sono il 6,1 per cento degli iscritti: 332.561 tesserati dalla Cisl, 297.591 dalla Cgil, 190.078 dalla Uil, 103mila la quota Ugl. Se fanno lo stesso lavoro di un italiano guadagnano, in media, 238 euro in meno al mese. In tempo di crisi sono i primi a perdere il lavoro. Questo è quello che raccontano i dati Istat.
Il sindacato da troppo tempo vive come un club di pensionati, che conosce tutti i segreti della concertazione, ma fatica a fare i conti con la generazione senza posto fisso, con il tramonto di tute blu e colletti bianchi, con chi viene da lontano. Non li rappresenta. Non sono il suo popolo. Forse è per questo che lo sciopero degli invisibili spaventa il sindacato. È qualcosa di nuovo, che viene dal basso, difficile da gestire, fuori dalle logiche di chi scende in piazza per far cadere i governi o per proteggere le roccheforti del Novecento. Gli invisibili non possono scioperare da soli. Il sindacato deve metterci sopra il suo marchio, certificarli. «Meglio un’ora di sciopero di tutti i lavoratori, italiani compresi».
È la vecchia ricetta, con la speranza di sposare i vecchi iscritti con quelli nuovi, i pensionati con i proletari o con quei 90mila «cafoni» ufficiali, e un’esercito di schiavi clandestini, che faticano nei latifondi. Ma l’80% ricerca Eures) dei lavoratori stranieri sogna un sindacato tutto loro. E questo per Cgil, Cisl e Uil è peggio di un terremoto. È il crollo di un nuovo muro, la fine di un’utopia, quella di un sindacato universale, capace di conciliare in una sola formula magica tutti gli interessi. Ecco allora l’ultima risposta: non contate gli invisibili.

*di Vittorio Macioce

Quale sciopero oggi? Il dibattito è aperto

Progetto Melting Pot Europa ci ha messo sulla copertina del suo sito e ci "terrà" lì fino al Primo marzo. Contemporaneamente ha attivato un indirizzo email al quale si può scrivere per dire la propria in fatto di sciopero. Non sciopero sì o no, bensì quale sciopero oggi? Cosa significa costruire uno sciopero contemporaneo? E’ pensabile che l’astensione dal lavoro sia sufficiente ed incisiva per trasformare questa società? Cosa significa scioperare ora che la produzione non è più limitata alle mura della fabbrica ma coinvolge pienamente la società nel suo complesso e ingloba affetti e comunicazione, stili di vita e creatività senza per questo perdere il vizio dello sfruttamento e della discriminazione? Esiste uno sciopero senza sindacati? Esiste uno sciopero senza copyright? E’ immaginabile uno "sciopero" dei soli migranti o forse l’orizzonte a cui guardare è quello che coinvolge noi tutti, così come il razzismo, la precarietà, le politiche discriminatorie sull’immigrazione, coinvolgono a pieno le nostre vite, interrogando la società nel suo complesso e non solo i migranti stessi?

L'adesione di Emergency

martedì 19 gennaio 2010

“Noi ce ne possiamo anche andare via, ma voi?”
È la dichiarazione rilasciata alla stampa da una giovane donna, migrante, durante il sit-in di sabato 9 gennaio a Roma, organizzato per esprimere solidarietà agli immigrati dopo i fatti di Rosarno. È una dichiarazione che ci sentiamo di riprendere e sottoscrivere a pieno, non solo per dare nuovamente voce a chi subisce sulla propria pelle, in prima persona, la gravità degli accadimenti di questi ultimi giorni, ma anche per sottolineare il senso di civiltà, l’attenzione e la sensibilità, persino la preoccupazione, che essa porta con sé. Perché sì, insieme a “che ne sarà di voi?”, viene da chiedersi: “ma noi?” Noi - chiunque questo pronome voglia comprimere in sé, e che Emergency riesce solo a concepire come inclusivo, non esclusivo di umanità alcuna -, noi che ci siamo e che restiamo in questo Paese, come pensiamo di poter continuare lungo questa china? Cosa resterà di noi, di tutto? Quale quotidiano e quale domani ci toccherà affrontare? E non solo, ovviamente, da un punto di vista pratico (“Chi curerà i nostri anziani e i nostri bambini? Chi si occuperà di tutti quei lavori necessari che gli italiani non vogliono più fare?”), ma soprattutto, molto più importante, da un punto di vista etico, umano: come potremmo, ad esempio, insegnare ai nostri italianissimi figli che è sbagliato picchiare il compagno di classe per rubargli un cellulare, se invece accettiamo che parte della popolazione che risiede sul nostro suolo sia resa schiava, privata dei più elementari diritti, e minacciata, aggredita, cacciata se si azzarda a protestare?

Come sempre, Emergency crede che i diritti, più che declamati, vadano messi in pratica. Come facciamo dal 2006, nel nostro Poliambulatorio di Palermo, che offre assistenza sanitaria gratuita ai migranti,con o senza permesso di soggiorno, ma anche alla popolazione italiana in stato di bisogno. E il nostro concreto impegno per il 2010 è la ricerca di spazi e di disponibilità per aprire altre strutture sanitarie, in Italia, sul modello di quella di Palermo. Un impegno che ha bisogno della collaborazione delle istituzioni e di tutti i cittadini che si riconoscono nel dovere dell’accoglienza a chi approda in questo Paese fuggendo la guerra e la povertà che continuano ad essere seminate nel mondo.
Emergency aderisce con convinzione alla mobilitazione dei migranti organizzata per il 1° marzo 2010. Consapevoli che loro, i migranti, difficilmente potranno partecipare: proprio perché i più deboli, i più ricattabili. Proprio per questo motivo riteniamo importante la partecipazione di quanti possono (ancora?) godere di questo diritto. E per dare una volta di più concretezza alla nostra adesione, i dipendenti di Emergency che, nella giornata del 1° marzo, aderiranno alla mobilitazione devolveranno la giornata di lavoro al Poliambulatorio di Palermo e invitano volontari e sostenitori a fare altrettanto. E invitiamo tutti a porsi la domanda: “Loro se ne possono pure andare, ma noi?"

Cecilia Strada
Presidente Emergency

PRC: «Appoggiamo Primo Marzo 2010 e ne rispettiamo l'autonomia»

In occasione della presentazione della giornata "primo marzo, una giornata senza di noi" che da tempo sta viaggiando in rete e che ha portato alla costruzione di gruppi locali per la preparazione di un evento che coinvolgerà la Francia, la Spagna, la Grecia e probabilmente altri paesi europei.
Dichiariamo la nostra adesione all'iniziativa rispettando innanzitutto l'autonomia del gruppo promotore e dei gruppi locali che vorranno far crescere tale giornata.
Condividiamo appieno le istanze lanciate e lavoreremo affinché la partecipazione possa crescere in ogni città.
Utilizzeremo i mezzi di comunicazione a nostra disposizione per valorizzare l'iniziativa raccordandoci per poter essere utili in base alle esigenze che emergeranno.
Auguri di buon lavoro
Stefano Galieni (Responsabile nazionale immigrazione Prc)

Fabrizio Gatti: " Perché aderisco a Primo marzo 2010"*

In attesa del primo sciopero degli stranieri, è possibile ancora sorridere di fronte al collasso del sistema immigrazione in Italia?

L’annuncio di ieri a “Che tempo che fa” del ministro dell’Interno, Roberto Maroni, di concedere protezione agli immigrati feriti a Rosarno, fa scappare una battuta: per essere considerati uomini, donne, lavoratori, cittadini in Italia bisogna avere la sventura di farsi sparare come è successo agli stranieri colpiti nella tre giorni e tre notti di caccia all’uomo in Calabria?
Quello del ministro è un provvedimento doveroso. Ma senza un aggiornamento della legge sull’immigrazione rimane un’elargizione, un regalo, un tampone alla bomba sociale che la Bossi-Fini prima e il pacchetto sicurezza poi hanno innescato.

Sentite qua.
1) Giovedì 14 gennaio, conclusa la trasmissione Annozero, la polizia ha fermato per mezz’ora tre ospiti che erano intervenuti in diretta. Non li hanno lasciati nemmeno uscire. Sono stati bloccati in un corridoio secondario, dentro gli studi della Rai. Non hanno fermato me (che sono imputato davanti al Tribunale di Agrigento per aver dichiarato di essere iracheno quando sono stato ripescato dal mare di Lampedusa). Non hanno nemmeno fermato l’onorevole del Pdl Alessandra Mussolini (è parlamentare, non si può) anche se potrebbe riconoscere chi si muove nella rete di estrema destra con cui è stata alleata fino a pochi mesi fa. Hanno fermato gli unici tre ospiti neri. Il funzionario di polizia voleva verificare che avessero davvero la ricevuta per aver chiesto il permesso di soggiorno. Deve essere l’originale (non una fotocopia).
Un abuso? No. Da quando l’essere irregolari è reato, i pubblici ufficiali per non finire a loro volta nei guai devono controllare.
I cedolini c’erano.
Se avessero dimenticato a casa gli originali o anche se avessero avuto con sé le fotocopie (per non perdere gli originali) i tre ragazzi sarebbero stati rinchiusi nel centro di identificazione di Ponte Galeria e avrebbero rischiato fino a duemila euro di multa e un anno di carcere.
Provate voi a immaginare un italiano condannato a un anno di carcere per aver dimenticato la carta di identità… Infatti la legge vale solo per gli stranieri.
L’episodio va letto anche in un altro modo: uno schiavo dell’agricoltura al Sud o dell’edilizia al Nord, se non ha il permesso di soggiorno, non può mai più denunciare pubblicamente o alle autorità le sue condizioni di schiavitù. Perché rischia l’arresto immediato e se non lascia l’Italia, una condanna fino a 4 anni di carcere. Più del suo caporale, che non rischia nulla, e del datore di lavoro, che spesso non si trova mai.
2) Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi è talmente impegnato a scongiurare situazioni di schiavitù come quelle di Rosarno che nel 2009 ha avvallato queste disposizioni, contenute nel Documento di programmazione dell’attività di vigilanza: meno controlli in tutta Italia, con punte del 50 per cento in Calabria.
La Calabria ha un altro record: secondo uno studio del 2006 dell’Agenzia delle entrate gli imprenditori calabresi evadono il 94 per cento dell’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive.
Significa che il 94 per cento dell’economia calabrese è sommersa e resta sommersa grazie anche alla decisione del ministro Sacconi di ridurre i controlli (e di indirizzarli semmai sulle imprese di proprietà di immigrati).
Non è solo una piaga del Sud. La Provincia di Venezia ha scoperto che il 27 per cento degli addetti nelle industrie manifatturiere in Veneto è composto da lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno. Siamo nel Nordest.
3) Dopo l’inchiesta de L’espresso a Foggia nel 2006, Giuliano Amato, ministro dell’Interno nel governo Prodi, aveva istituito una commissione composta da prefetti, funzionari di polizia e ufficiali di carabinieri e guardia di finanza. La commissione aveva suggerito la necessità di istituire il reato di caporalato perché, secondo i commissari, le leggi attuali non sono in grado di reprimere il fenomeno. Il ministro dell’Interno successivo, Roberto Maroni, ha istituito il reato di immigrazione clandestina che punisce anche i lavoratori. Ma non i caporali. Il progetto della commissione del 2006 è stato ignorato.
4) Sempre dopo l’inchiesta de L’espresso a Foggia nel 2006, il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, nel governo Prodi, aveva istituito un fondo integrativo da affidare all’Inps per gestire con le regioni l’ospitalità, l’assistenza e la tutela dei lavoratori stagionali. Il ricorso alla Corte costituzionale delle Regioni di centrodestra Lombardia e Veneto ha fatto bocciare il provvedimento.
5) Sempre dopo l’inchiesta de L’espresso a Foggia nel 2006, il governo Prodi aveva proposto di estendere ai lavoratori irregolari la tutela prevista per le vittime della tratta dell’immigrazione, qualora denunciassero i loro sfruttatori. La proposta non è passata per l’opposizione di funzionari del ministero dell’Interno, perché temevano che la norma avrebbe aggirato i limiti imposti dalle quote annuali (che sono la causa indiretta del lavoro nero. L’esempio della Puglia nel 2006: quote stagionali 1600, necessità di lavoratori stagionali solo per la provincia di Foggia 5000-7000).
6) Sempre dopo l’inchiesta de L’espresso a Foggia nel 2006, il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, nel governo Prodi, ha introdotto l’obbligo di registrare i lavoratori entro il giorno prima del loro inizio, per evitare lo sfruttamento e la registrazione postuma solo in caso di controlli o di incidente. L’attuale governo Berlusconi ha proposto di sopprimere questa norma e il nuovo provvedimento attende l’approvazione della Camera.
7) Se un raccoglitore di arance senza documenti in regola avesse denunciato i suoi schiavisti a Rosarno, avrebbe rischiato fino a 4 anni di carcere. Nessuna norma punisce i parlamentari che hanno contatti con mafia, ‘ndrangheta e camorra.
8) Se uno straniero perde il lavoro e nel frattempo gli scade anche il permesso di soggiorno, entro sei mesi deve trovare un’altra assunzione o andarsene. Se resta commette reato, anche se non commette altri reati e si mantiene con i suoi risparmi. I centri di detenzione per stranieri stanno diventando centri di detenzione per disoccupati.
9) Poiché lo Stato ha dimostrato in questi anni di non essere in grado di espellere gli irregolari che hanno commesso reati gravi (solo il 40 per cento viene rimpatriato secondo dati del ministero dell’Interno consegnati a Medici senza frontiere), avremo un’ulteriore massa di lavoratori senza nessun diritto. Se non quello di essere premiati dal ministro dell’Interno. Ma solo dopo essersi fatti sparare.

Per questo il primo marzo aderisco al primo Sciopero degli stranieri.
Fabrizio Gatti

*pubblicato su piovonorane.it

Il nostro manifesto

lunedì 18 gennaio 2010

«Primo Marzo 2010, una giornata senza di noi è un movimento non violento che riunisce persone di ogni provenienza, genere, fede, educazione e orientamento politico.
Siamo immigrati, seconde generazioni e italiani, accomunati dal rifiuto del razzismo, dell'intolleranza e della chiusura che caratterizzano il presente italiano.
Siamo consapevoli dell'importanza dell'immigrazione (non solo dal punto di vista economico) e indignati per le campagne denigratorie e xenofobe che, in questi ultimi anni, hanno portato all'approvazione di leggi e ordinanze lontane dal dettato e dallo spirito della nostra Costituzione.
Condanniamo e rifiutiamo gli stereotipi e i linguaggi discriminatori, il razzismo di ogni tipo e, in particolare, quello istituzionale, l'utilizzo stumentale del richiamo alle radici culturali e della religione per giustificare politiche, locali e nazionali, di rifiuto ed esclusione.
Ricordiamo che il diritto a emigrare è riconosciuto dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e che la storia umana è sempre stata storia di migrazioni: senza di esse nessun processo di civilizzazione e costruzione delle culture avrebbe avuto luogo. La violazione di questo e di altri diritti fondamentali danneggia e offende la società nel suo complesso e non solo le singole persone colpite.
Vedere negli immigrati una massa informe di parassiti o un bacino inesauribile di forza lavoro a buon mercato rappresentano, a nostro avviso, impostazioni immorali, irrazionali e controproducenti. La parte preponderante degli immigrati presenti sul territorio italiano lavorano duramente e svolgono funzioni essenziali per la tenuta di una società complessa e articolata come la nostra. Sono parte integrante dell'Italia di oggi.
La contrapposizione tra «noi» e «loro» , «autoctoni» e «stranieri» è destinata a cadere, lasciando il posto alla consapevolezza che oggi siamo «insieme», vecchi e nuov cittadini impegnati a mandare avanti il Paese e a costruirne il futuro.
Vogliamo che finisca, qui e ora, la politica dei due pesi e delle due misure, nelle leggi e nell'agire delle persone.
Il nostro primo obiettivo è organizzare per il 1° marzo 2010 una grande manifestazione non violenta dal respiro europeo, non solo con la Francia che con la Journée sans immigrés, 24h sans nous ci ha ispirato, ma anche con la Spagna, la Grecia e gli altri Paesi che si stanno viavia attivando. Vogliamo stimolare insieme a loro una riflessione seria su cosa davvero accadrebbe se i milioni di immigrati che vivono e lavorano in Europa decidessero di incrociare le braccia o andare via.
Ogni 1° marzo faremo sentire la nostra voce in modi diversi, che saranno definiti, di concerto con i comitati territoriali, in base alla concreta praticabilità e all’efficacia.Non ci precludiamo nessuno strumento, ma agiremo sempre nel rispetto della legalità e della non violenza».

Il manifesto è stato presentato ufficialmente domenica 17 gennaio 2010, in coincidenza con la Giornata internazionale del migrante.

A proposito di strane fusioni...

sabato 16 gennaio 2010

DICHIARAZIONE DEL COORDINAMENTO NAZIONALE PRIMO MARZO 2010

Su alcuni organi di stampa è uscita oggi la notizia che il comitato Primo marzo 2010 si sarebbe unito al comitato Blacks Out all’interno di un unico coordinamento chiamato Primavera Antirazzista.

La notizia ci sorprende e ci sconcerta. In tutte le occasioni di incontro (formali ed informali) con il comitato Blacks Out, è stata ribadita da parte nostra l’intenzione di mantenere una completa autonomia di azione e di principio. Siamo pronti a collaborare lealmente con chi lealmente condivide i nostri obiettivi e cioè la difesa e la tutela dei diritti civili e sociali. e di rimanere espressione della società civile.
Il nostro solo collegamento strutturale è con la francese Journée sans immigrés e con gli altri comitati gemellati che stanno nascendo spontaneamente in Europa.
Cogliamo l’occasione pe ricordare che domani, 17 gennaio (alle ore 11,30, in via Jommelli 24 a Milano, presso lo Spazio Tadini), ci sarà la presentazione ufficiale del movimento. Nel corso di questo incontro ribadiremo i principi chiave che ci animano.

Lo sciopero senza copyright*

venerdì 15 gennaio 2010

Arci, Emergency, Cantiere, ReteScuole, Naga, Banca Etica: «Noi ci stiamo» Dopo Rosarno, cresce la mobilitazione sotterranea per il Primo Marzo 2010
Ma nel XXI secolo può esistere uno sciopero non indetto da una sigla sindacale? Le risposte esatte sono due: no!, ma sì. Perché questa volta, se è vero che a Rosarno si è passato il segno, molti cominciano a sentire l'esigenza di alzare il livello dello scontro, il che significa dare concretezza a quel sentimento frustrante di chi si sente profondamente antirazzista ma ormai non sa più che pesci pigliare. Insomma, il triste presidio di solidarietà, e l'ipocrisia degli scandalizzati del giorno dopo, non bastano più.
E sciopero è un concetto forte, quasi uno schiaffo a chi crede di detenere una sorta di copyright, eppure la provocazione serve a rompere un tabù, e che ognuno faccia a modo suo. Queste, a botta calda, sono le considerazioni di alcune associazioni che si stanno già muovendo per dare visibilità al primo sciopero degli stranieri in Italia - «senza lasciarci imbrigliare da schemi troppo rigidi», come suggeriscono Stefania, Nelly, Daimarely e Cristina, le donne che hanno lanciato in rete la proposta che non si può rifiutare.
Ma chi ci sta? A parole, tutti. Ma come si fa, lunedì 1 marzo, con gli stranieri che sono i lavoratori più soli e ricattabili di tutti (e non solo gli schiavi di Rosarno)? Cecilia Strada, presidente di Emergency, non ha esitazioni, solo si augura che gli stranieri quel giorno possano essere presenti e visibili. «Sosteniamo lo sciopero - spiega - e abbiamo deciso di devolvere una giornata del nostro lavoro al poliambulatorio di Palermo dove da due anni curiamo stranieri ma anche italiani vittime della povertà. Mi auguro che i dipendenti delle nostre altre sedi facciano altrettanto, se poi ci sarà un corteo noi saremo sicuramente in piazza».
Già, la piazza. Emanuele Patti, presidente dell'Arci di Milano, sa bene con quanto imbarazzo gli amici del sindacato stanno guardando all'inziativa. «Stiamo parlando con la Cgil - dice - loro hanno qualche timore a convocare quello che sarebbe una sorta di sciopero etnico, per conto mio potrebbero dichiarare lo sciopero generale e lasciare alle associazioni il compito di agitare i luoghi con eventi sul territorio. Capisco perfettamente il valore simbolico di uno sciopero come questo, e quindi dico: era ora! Deve passare il messaggio che che gli immigrati sono indispensabili non solo in quanto lavoratori, lo sono anche per il loro contributo culturale e direi anche affettivo. Tutti i nostri circoli sono pronti ad attivarsi».
Tutte le piazze sono da preparare, e non da cappellare, ma non è certo questo che preoccupa Leon del Cantiere, l'unico centro sociale che a Milano riesce a trascinare i ragazzi delle scuole. «Stiamo già preparando le assemblee - spiega - il fatto è che per essere uno sciopero effettivo bisognerà riuscire a coinvolgere in qualche modo i migranti che lavorano e chi sta facendo della precarietà un motivo della propria lotta politica. Nelle scuole, nei quartieri, siamo già in contatto con realtà meticce, e credo che a marzo non sarà un problema organizzare un corteo. Ma devono deciderlo gli studenti».
Gli insegnanti (alcuni, quelli di ReteScuole) proprio stasera sono in assemblea a Milano per discuterne. Paolo Limonta, felice maestro delle elementari, da una vita su piazza sempre a fianco degli stranieri, sa che senza il sindacato non si sciopera - «mi devo prendere un permesso, ma quanti lo farebbero»? Però. «Possiamo caratterizzare questo mese e mezzo - ipotizza - con un percorso di educazione all'interculturalità. Si tratta solo di farsi venire delle idee per dare maggior visibilità allo sciopero. Non so... organizziamo in tutte le città grandi merende fuori dalle scuole che sconfinano nelle strade, con insegnanti, genitori e bambini...».
Anche al Naga (associazione che offre assistenza sanitaria agli stranieri) ci credono, ma sono prudenti, proprio perché con la realtà dell'immigrazione ci fanno i conti tutti i giorni. «Abbiamo appena aderito - racconta Gaia Silvestri - a questo punto dobbiamo cercare di coinvolgere gli stranieri e nello stesso tempo tutelarli, per loro non è semplice aderire anche simbolicamente a uno sciopero. Ne incontriamo tantissimi, tutti irregolari, tutti lavoratori».
Tanto per dare l'idea della trasversalità delle adesioni che arrivano, sentiamo Mario Costa, direttore di Banca Etica. «La banca - spiega - tendenzialmente non prende posizioni in modo così diretto, ma dopo Rosarno ci siamo mossi su iniziativa dei nostri dipendenti. Decideremo con quali altre forme appoggiare questo sciopero, attivando anche i nostri 33 mila soci. Per ora, la filiale di Milano ha aperto un conto corrente per sostenere il comitato promotore: Primo Marzo 2010 - Iban: IT98V0501801600000000130877.

* Luca Fazio sul Manifesto del 14/01/2010

Cosa accadrebbe se 4 milioni di immigrati incrociassero le braccia per un giorno? La risposta dello scrittore Giuseppe Culicchia

«Ieri mattina, saranno state le sette, ho deciso di comprarmi un fucile per sparare ai negri. Ma prima avevo voglia di una spremuta d'arancia. Suina o no, la vitamina C non è mai troppa. Solo che in cucina le arance erano finite. «Peru!», ho chiamato. Zero. Ho cercato la domestica peruviana dappertutto, anche nel sottoscala dove la teniamo. Niente. Mi sono chiesto: che Paola le abbia dato un altro giorno di libertà, dopo quello dello scorso anno? Ma mia moglie dormiva. Non volevo disturbarla. Allora ho deciso di far colazione al caffè. Tanto, mi sono detto, devo andare a comprarmi il fucile. E poi il mercato è dietro l'angolo, prendo pure le arance. Così sono sceso.
Al caffè però mi han detto che le arance erano finite. Vabbé, ho risposto, grazie. Fuori del locale non c'era la solita zingara. A forza di elemosine dovrà ancora tornare dalla settimana bianca, ho pensato. Tutti ricchi sfondati, 'sti zingari. Ma ora che mi compro il fucile, mi sono detto, forse posso sparare anche a loro. O si può sparare solo ai negri? Devo informarmi. Quando sono sbucato nella piazza del mercato, ho puntato dritto verso il banco dove si serve mia moglie. Poi però mi sono bloccato. Strano. Il banco non c'era. E neppure il mercato. Tranne per alcune donne che vi si aggiravano perplesse, la piazza era vuota, come fosse domenica. Eppure era martedì. Ho raggiunto l'edicolante. Scusi, ho buttato lì, ma il mercato? Lui si è stretto nelle spalle: che cosa vuole, in questo paese non funziona più niente, pensi che sto ancora aspettando i giornali. Ho guardato meglio l'edicola. In effetti mancavano i quotidiani. Se li starà leggendo il corriere, ho provato a scherzare. E lui: no, il corriere che me li porta è rumeno, preferisce quelli romeni.
Intanto non mi ero ancora tolto la voglia di spremuta. L'unico bar nei paraggi era quello dove non entro mai perché pullula di marocchini, gli stessi che montano i banchi del mercato. Tra l'altro, ho pensato, chissà se si può sparargli anche se non sono negri. Devo informarmi. Sia come sia, per una volta il bar era deserto. Sono entrato. Il barista si girava i pollici. Gli ho chiesto una spremuta d'arance. E lui: le arance sono finite. A quel punto, mi sono rassegnato. Stavo per andare dritto in armeria, quando mi è partito il cellulare. Mia moglie. E la peru?, mi ha chiesto. Volevo domandarlo a te, ho risposto; le hai mica dato un altro giorno di libertà? Macché, ha esclamato lei: ora guardo che non manchi niente in casa. Mancano le arance, volevo dirle, ma lei ha chiuso.
Non ho fatto in tempo a riporre il cellulare che quello è ripartito. Mia madre. Ho sospirato. Rispondo o fingo di non aver sentito? Massì. Olga non si trova più, mi ha ruggito lei nell'orecchio. Ho esitato. Olga? Vuoi dire...la tua nuova badante russa? E lei: chi, se no? Mamma, le ho ricordato, negli ultimi sei mesi ne hai cambiate dodici. Oggi, ha tagliato corto lei, doveva portarmi al ristorante. Trovamene subito un'altra, o mi ci porti tu, così ti ricordi che esisto: e prenota un tavolo, io ora guardo che non mi manchi niente in casa. Ha chiuso anche lei. Per evitare rogne, ho subito chiamato il suo ristorante preferito. Mi spiace, signore, mi ha risposto il direttore di sala, ma oggi siamo chiusi. E' cambiato il turno di riposo settimanale?, ho indagato. No, è che cuochi e sguatteri africani se ne sono andati. E dove?, ho chiesto. Andati, spariti, puff, si è congedato lui.
Mentre riflettevo sul da farsi, mi è venuta fame. Per fortuna, lì accanto c'era una rivendita di pane. Ci sono entrato. Oggi niente pane, mi ha preceduto la proprietaria. Ma come, l'ha già finito?, le ho chiesto. Non me l'hanno consegnato, è sbottata lei, stanotte i panificatori arabi non si sono presentati. Ho girato i tacchi. Alla fine, ho raggiunto l'armeria. Ma il proprietario, anziché aprirla, la stava chiudendo. Quando mi ha visto un po' interdetto, mi ha chiesto: desidera? Un fucile per sparare ai negri, ho risposto. Lui mi ha indicato le vetrine vuote. Capisco, ho sorriso, quando arrivano quelli nuovi? Lui ha scosso il capo. Vede, mi ha spiegato, il fatto è che stanotte i negri se ne sono andati tutti, e di conseguenza le fabbriche di fucili han chiuso; senza contare che mancando i negri sparare ai negri diventa un'utopia. Be', ho borbottato, senza negri diventa un'utopia anche bersi una spremuta. Però, ho aggiunto, devo informarmi: forse si può sparare a zingari, romeni, marocchini. Non l'ha saputo?, mi ha risposto lui, sono spariti anche loro. Peccato, ho detto io. Peccato, ha detto lui. Bei tempi, quelli in cui si poteva sparare ai negri, ho sospirato io. Bei tempi, ha sospirato lui. Ma, gli ho chiesto io, torneranno? Lui ha allargato le braccia: e chi lo sa? Spariamo! Cioè, speriamo!
Con un certo rammarico, mi sono avviato verso casa. E allora ho avuto un bruttissimo presentimento. Col cellulare ho chiamato Pantera, il mio trans preferito. Ma il numero risultava inesistente. Oh, no, ho mormorato. Allora ho provato a chiamare Alì, il mio pusher di fiducia. Ma non era raggiungibile. Solo in quell'istante ho capito il senso di una frase letta su un muro alcuni anni fa: IMMIGRATI, VI PREGO, NON LASCIATEMI SOLO CON GLI ITALIANI».

(Giuseppe Culicchia, su La Stampa del 14 gennaio 2010)

Abbiamo aperto un c/c presso Banca Etica

mercoledì 13 gennaio 2010

Abbiamo aperto un conto corrente presso Banca Etica.
L'intestatario è Primo Marzo 2010.
L'iban:IT98V0501801600000000130877

Chi volesse sostenerci anche economicamente (e ne abbiamo bisogno!) può fare un versamento su questo conto.

L'nizio di un nuovo percorso*

Da quando è stata lanciata l'iniziativa Primo marzo 2010 sciopero degli stranieri, molte volte ci è stato chiesto chi siamo, qual è il nostro obiettivo, come pensiamo di raggiungerlo. Qui, proverò ad articolare le risposte.
Primo Marzo 2010 è un movimento spontaneo, nato per iniziativa di quattro donne slegate dai partiti ma impegnate, a titolo diverso, nel campo del dialogo interculturale e dell'antirazzismo; quattro amiche accomunate dalle frequentazioni multietniche e di colori ed estrazioni anagrafiche diverse: due bianche e due nere, due italiane (almeno di nascita) e due straniere. Io sono una di loro. Le altre si chiamano Nelly Diop, Daimarely Quintero, Cristina Sebastiani.
L'idea ci è venuta leggendo che Nadia Lamarkbi, giornalista di origine marocchina, partendo da FaceBook, aveva dato vita in Francia alla Journe sans immigré, una mobilitazione volta a evidenziare l'importanza dell'immigrazione per l'economia e gli equilibri sociali francesi. La Journe sarebbe stata il 1° marzo 2010.
Ci siamo dette: possiamo e dobbiamo provarci anche noi, e la nostra azione sarà mille volte più efficace e incisiva se avrà un respiro europeo: se sarà cioè congiunta a quella francese. Abbiamo contattato Nadia (molto felice della nostra idea e della convergenza di vedute) e ci siamo messe in moto raccogliendo tantissime adesioni da italiani, immigrati, esponenti delle seconde generazioni, raccolte su internet e nel mondo reale. Neanche per un istante abbiamo pensato di restare confinate alla rete virtuale. Conosciamo troppo bene la realtà dell'immigrazione per non sapere che moltissime tra le persone interessate non hanno accesso a un pc o non lo sanno usare.
L'obiettivo generale che ci siamo date è stato quello di lanciare all'opinione pubblica e a chi ci governa un segnale forte e chiaro: la saldatura tra razzismo popolare e razzismo istituzionale, che per varie deplorevoli ragioni si è prodotta in questi anni, è infame e destinata a saltare! Non solo perché anche in Italia gli immigrati sono fondamentali per l'economia e per tamponare le patologiche carenze del nostro welfare (basta usare un po' di cervello per accorgersene), ma anche perché si sta cominciando a capire che circolari e provvedimenti legislativi che colpiscono i migranti in quanto categoria e frantumano i loro diritti rappresentano una minaccia non per i soli immigrati ma per la tenuta della democrazia, quindi per tutti. La copertina di un giornale riportava tempo fa la seguente frase: la storia insegna che quello che oggi lo Stato fa agli stranieri domani lo farà ai propri cittadini. La storia insegna e c'è qualcuno – anzi tanti - che ormai non ha paura di imparare. C'è un altro aspetto, nuovo, che vogliamo sottolineare attraverso questo movimento, che nasce meticcio ed è orgoglioso di esserlo: in questa battaglia per la difesa dei diritti, italiani e stranieri, vecchi e nuovi cittadini siamo uniti e mescolati per la ragione, semplice e incontrovertibile, che nella vita di tutti i giorni siamo insieme e mescolati, uniti da vincoli affettivi, rapporti di lavoro, relazioni di vicinanza. Questo certamente è più visibile nelle grandi città, può esserlo meno in provincia, ma è un dato di fatto e un trend rispetto al quale chiudere gli occhi può pagare (elettoralmente parlando) solo nel breve, brevissimo periodo. Nessuno, con la testa sulle spalle e il polso del presente può ignorare che i segni di questo secolo sono la multiculturalità e il metissage.
Per raggiungere l'obiettivo, per lanciare cioè il nostro segnale, noi utilizzeremo gli strumenti che ci appariranno più efficaci, senza lasciarci imbrigliare dagli schemi e dalle definizioni rigide. Lo sciopero inteso come astensione dal lavoro è sicuramente uno strumento molto potente, ma sappiamo perfettamente che non è alla portata di tutti: a chi non ha i documenti, è precario o è impegnato nei servizi alla persona non si può chiedere di non andare a lavorare. Per indire uno sciopero, inoltre, è necessario l'intervento del sindacato. E noi non sappiamo ancora se questo ci sarà o meno. Nel caso non ci fosse, però, non ci strapperemo le vesti: da quello degli acquisti e dei consumi a quello della fame, ci sono molti altri “scioperi” disponibili e praticabili. Ci sono molte altre modalità rilevanti, creative e non violente per manifestare il dissenso e partecipare. I comitati di Primo Marzo 2010 che sono spontaneamente nati in tutta la Penisola (e continuano a nascere) le stanno elaborando e mettendo a disposizione di tutti.
I nostri punti fermi non riguardano la scelta degli strumenti ma altro e, precisamente: l'azione congiunta con la Francia e (speriamo) presto anche con altri e il fatto che questo movimento deve restare espressione della società civile ed essere animato in modo paritario da italiani e migranti. La questione della difesa dei diritti infatti riguarda tutti, indipendentemente dal passaporto. Su questi punti sì siamo e saremo intransigenti.
Noi ci sentiamo forti e ottimisti rispetto alla possibilità di centrare l'obiettivo. Perché questa è davvero una manifestazione spontanea e partecipata, che sta suscitando entusiasmo e non risponde a logiche di partito o di potere: riflette il bisogno condiviso di difendere i diritti e correggere le storture che stanno viziando il nostro sistema sociale. Ci auguriamo che chi ci sta osservando, magari non con una punta di scetticismo ma con varie, riesca a capirlo per tempo.
Il Primo marzo 2010 non sarà il punto di arrivo ma l'inizio di un nuovo percorso.

*Stefania Ragusa, presidente Primo marzo 2010
Questo articolo è stato pubblicato da Il Manifesto il 13/01/2010

Perché Peacereporter è con noi*

Un modo concreto per sostenere la mobilitazione del primo marzo 2010

Il primo di marzo deve per forza essere una data importante. Perché, semplicemente, non si può continuare ad essere indifferenti. A tante cose, certamente, siete indifferenti. Ma la peggiore di tutte è il razzismo.
Volete gli immigrati per raccogliere gli agrumi e poi li fate vivere con i topi, volete gli immigrati di notte per fare i turni in fabbrica, ma non volete i loro bambini di giorno; che volete gli immigrati perché si arrampichino per due lire sulle impalcature per rifare le facciate delle voestre case, o per costruirvene di più nuove e di più belle, e riservate loro delle luride stanze a cinquecento euro al mese a posto letto. Volete donne che puliscano il culo e che si prendano cura dei vostri vecchi e dei vostri bambini, ma non volete metterle in condizioni di curare loro stessi, e le lasciate morire perché han paura di andare in ospedale.
"Camminando in città come Milano per le vie del centro, e io lo faccio, per il numero di persone non italiane sembra di essere non in una città italiana o europea, ma in una città africana. Questo noi non lo accettiamo, dovevamo intervenire con azioni di respingimento". Lo ha detto ilo primo ministro di questa "repubblica" che il prossimo 19 gennaio sarà condannata dalla corte europea proprio per la politica dei cosiddetti respingimenti.
Signor Berlusconi, signor Maroni, signor Napolitano, signori e signore che sedete sulle poltrone del parlamento e dei ministeri, avete tradito non solo la Costituzione di questo Paese, non solo gli ideali della rivoluzione borghese di Francia, ma finanche le basi della società occidentale. E verrà il giorno in cui sarete ripudiati.
Per questo PeaceReporter ha scelto di sostenere con tutte le sue poche forze la mobilitazione del primo marzo. Diventandone megafono, per raccontare le storie che milioni di persone soffrono in questi tristi anni di regressione della nostra civiltà.
Ma per questo vogliamo rilanciare, proponendo a tutti i lavoratori italiani (indipendentemente dalle sigle sindacali a cui appartengono, sempre che vi appartengano) di aderire alla giornata di sciopero degli immigrati. Non astenendosi dal lavoro, ma con lo strumento dello sciopero bianco. Devolvendo la giornata di lavoro, o anche solo due ore, a chi concretamente supplisce alle vergognose carenze dello Stato italiano.
Io devolverò la paga della mia giornata per sostenere il poliambulatorio di Palermo di Emergency, e in generale al progetto che vuole l'associazione impegnata in Italia e non solo all'estero. Ma ognuno scelga quello che ritiene. Il gesto però crediamo che vada fatto. Un gesto importante, ancor più significativo in un momento di crisi come questo, che può dare voce, forza e coraggio a chi cerca ostinatamente di costruire una società più giusta. Per noi che siamo nati qui, non solo per coloro che sono stati costretti a raggiungerci.

*di Maso Notarianni, direttore responsabile di Peacereporter

Le vostre testimonianze su Peacereporter

martedì 12 gennaio 2010


Il quotidiano on-line Peacereporter da oggi è ufficialmente nostro media partner. Peacereporter, che si occupa di esteri, diritti umani e conflitti dimenticati, ha infatti attivato nella sua home page un canale dedicato al 'Primo Marzo 2010'. Uno strumento per tenersi aggiornati sull'iniziativa, ma soprattutto per contribuire alla costruzione di un 'diario di viaggio' in vista della fatidica data. Attraverso una casella di posta elettronica primomarzo2010@peacereporter.net si potrà raccontare la propria storia, la propria esperienza e il perchè dell'adesione al 'Primo marzo 2010'.
Vi invitiamo a mandare a quest'indirizzo le vostre testimonianze. In particolare, vi chiediamo di indicare nome e cognome, spiegare la vostra situazione (se siete italiani, oppure venite dall'estero, da quanto tempo siete in Italia, di cosa vi occupate...), dare una valutazione sullo stato delle cose in Italia, le ragioni per cui appoggiate lo sciopero degli stranieri e le vostre aspettative.

Primo Marzo 2010 si presenta ufficialmente

lunedì 11 gennaio 2010


Domenica prossima, 17 gennaio, alle ore 11.30, allo Spazio Tadini di Milano, presentiamo il manifesto del nostro movimento e spieghiamo nei dettagli il senso della nostra iniziativa. Vi invitiamo a essere presenti e a far girare questo invito.

Fare outing a Treviso (ma l'identità di genere non c'entra)

Bruno, nessuno e centomila, che vive a Treviso ed è iscritto al nostro gruppo su FaceBook, ci ha inviato questo testo autorizzandoci a pubblicarlo. Lo aveva scritto, a caldo, un anno fa, pensando di mandarlo al quotidiano locale. Poi aveva lasciato perdere. Lo ha intitolato "stamattina ho fatto outing". Ma l'outing o, se si preferisce, il coming out di cui parla non ha a che vedere con l'identità di genere...

«E' successo alle 8,30 sul treno della linea vicenza-treviso. Il convoglio arriva a castelfranco veneto, le porte si aprono, scendono dal treno gli studenti delle superiori, i ragazzi dei paesini di campagna dei dintorni, fontaniva, tombolo, galliera, nomi curiosi che evocano forca, badile e furti di pollame. si dileguano a gruppetti, asiatici, africani, policromi, bianchi, neri, gialli, veneti di tutti colori, ecco i nuovi giovani padani. scendono loro e saliamo noi, grigi lavoratori e fiacchi universitari. Il treno “sbianca", rimane qualche asiatico, un paio di neri, due biondine pallide-pallide immerse nei piumini panna-panna, ucraine. vicentine. a due file da me un gruppetto di ventenni italiane. la carrozza è attraversata da una voce stridula, penetrante: "quella troia albanese, vlediana, vlidana, befana, come si chiama quella troia, vedrai che anche oggi farà la puttana con il professore, ti sfido che poi prende trenta... non dovrebbero neanche studiare... il diritto allo studio, glielo paghiamo noi , il diritto allo studio... noi paghiamo e loro non fanno un cazzo... e quell'altra, la troia russa, irina quella merda, è pure incinta, si è fatta chiavare, è incinta e noi paghiamo e non gli basta, e lo sapete? lavora pure quella là, sì... sulla statale pontebbana, è là che devono lavorare quelle troie... e noi paghiamo… che vergogna... e noi paghiamo, pa-ghia-mo…"
Le amiche ridacchiano, una annuisce e ogni tanto inframezza "...ah-beh-si-dai-insomma-però-lascia-stare..."
Sono elettrizzato da questa scarica di insulti alle 8 del mattino, tento di dormire, di sorvolare, di non esserci, con la guancia incollata al finestrino gelido, guardo fuori per non sentire “dentro”, ecco sono a new york, ora a pechino, ora kuala lumpur, ora un cartello affittasi capannone, ma va in mona, siamo a treviso! Rimetto a fuoco la situazione mentre le acute analisi sociopolitiche della ventenne sono ancora in corso... troia russa... vacca albanese... e noi? NOI PAGHIAMO!
lo ripeto insieme a lei mentre mi alzo di scatto e raggiungo l'oratrice, chissà che faccia... eccola: capelli castano chiaro, magrezza nervosa, occhioni alla candycandy, candida pelle, candido collo rotondo della camicetta, morbido golfino, venti anni. anni venti. che tenera ragazza ma… poche storie, sono qui per fare giustizia, mi piazzo proprio di fronte e vado al sodo, tutto d'un fiato: "mi scusi signorina io non so cosa fa nella vita ma non credo che paghi molte tasse io invece sì e se penso che i miei soldi vengono usati per far studiare lei mi viene da… da... da piangere!"
La tipa ha un fremito stupore-terrore di due secondi-due, il tempo di gonfiare a palloncino le vene del collo e mettersi ad urlare: "lei... chi! lei... cosa! lei non si deve permettere! lei non mi deve parlare! lei chi è! lei... si vergogni!"
Superato il primo stupore per la raffica di “lei” (la cortesia è sempre apprezzata) prendo coraggio e ricambio: "lo sa, in italia, ci sono persone di tutte le etnie e religioni che tutti i giorni pagano le tasse per far studiare la gente come lei, non la prenda sul personale, però, cazzo, che schifo…"
La mia caduta di stile esaspera il conflitto, la tipa collo teso, occhi chiusi, grida paonazza: "non mi interessa la sua opinione!!! stia-a-a zitto!!! deve stare ziiiiiiitoooooooooooo!!!!!! zi-hi – hi-tto-to-ooh!"
Il suo urlo spazza la carrozza e si rompe in un quasi-pianto con il solo scopo di bloccarmi. io però non mollo: "guardi, forse è ora che si abitui a sentire delle opinioni diverse dalle sue, sa com'è, in giro c'è gente che non la pensa come lei..."
E la tizia: "eccertooo, maledetti!!! è proprio per questo che l'italia va a rotoli!!!"
Io rilancio: "stronzate, andiamo male perchè c'è gente invidiosa che passa il tempo a insultare chi ha i voti migliori. Suvvia, vada a studiare, fallita!"
(chiusura in stile leghista al contrario. mi vergogno come un cane. ma è solo un attimo)
Ormai siamo a treviso, mi avvio verso le porte. Mi volto. Tutta la carrozza mi fissa sorpresa, sospesa, una nuvola di occhi sgranati: c'è un mostro tra di noi, mioddio c'è uno che parla agli sconosciuti, un bruto, come abbiamo potuto partorire una creatura del genere, un creatura degenere...».