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Primo marzo 2011, le parole d'ordine (1)

martedì 25 gennaio 2011

Diritto al lavoro, diritti nel lavoro, orgoglio per una nuova cittadinanza fondata sulla mixité ma inevitabilmente anche sciopero.
Nel corso di un incontro tenutosi alla libreria Griot di Roma, Cécile Kashetu Kyenge, coordinatrice e portavoce del movimento Primo Marzo, ha illustrato le parole d’ordine che caratterizzeranno la prossima “giornata senza di noi”.
«Il Primo Marzo è nato come giornata senza di noi e sciopero degli stranieri. E’ stata una mobilitazione partita dal basso per sottolineare la rilevanza economica e sociale dell’immigrazione», ha ricordato Kyenge. «Questa giornata, che ha toccato oltre 60 piazze e coinvolto più di 300mila persone, ha inaugurato una stagione intensa di iniziative spontanee (lo sciopero delle rotonde a Castelvolturno, la gru a Brescia, la torre a Milano,la manifestazione Agire contro il Razzismo a Bologna, il corteo antirazzista del 12 dicembre a Firenze...), che hanno avuto come protagonisti i migranti e la società civile».
«Sappiamo che il momento è delicato e difficile. Proprio per questo non possiamo e non dobbiamo dimenticare l'elemento che più di ogni altro ha qualificato e dato forza al Primo Marzo.Come semplici cittadini e lavoratori, non abbiamo il potere di convocare uno sciopero. Chiederlo rientra però tra i nostri diritti. Ed è quello che i comitati Primo Marzo di molte città stanno già facendo».
«Non puntiamo allo sciopero generale, non ci interessa uno sciopero etnico (che si scontrerebbe con il valore della mixité). Quel che vogliamo è esercitare un diritto riconosciuto anche dalla Costituzione per dire con forza no al razzismo e alle politiche di esclusione, sì all’uguaglianza e diritti per tutti».
«Chiediamo a tutti - singoli, associazioni, realtà sindacali e politiche - di sostenere le mobilitazioni del prossimo Primo Marzo.In particolare, ai sindacati chiediamo di attivarsi per sostenere concretamente i lavoratori, migranti e italiani, che vorranno astenersi dal lavoro nelle fabbriche, nelle cooperative e in tutti i luoghi di lavoro più o meno formali».

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