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Esiliato italiano in Italia

domenica 21 febbraio 2010

Mi chiamo Armando Gnisci e sono contento di essere stato invitato come scrittore – ho scritto molto nella mia vita, anche se più che altro di critica letteraria – a presentare e donare un testo per il 1 marzo del 2010, il giorno indimenticabile della protesta degli immigrati in Italia.
Cammino con loro da venti anni e i pochi amici che ho sono stranieri o italiani amici degli stranieri. Infatti, mi sono sempre più sentito lungo lo scorrere dei miei 64 anni un esiliato di nascita italiana in Italia.
Sono vecchio ormai e malato mentale e devo confessarvi che sto vivendo la parte finale della mia esistenza come la peggiore delle vite che ho vissuto dagli anni 50 ad oggi – degli anni 40 ho solo qualche ricordo di infanzia, perso nella nebbia in bianco e nero di quegli anni che nei libri prendono la definizione di “dopoguerra”. L’età attuale da 20 anni a questa parte in Italia è diventata sempre più piena e mai finisce di diventare stracolma di violenza e menzogna, di decadenza e ingiustizia. Far parte di un popolo dannato e senza giudizio che ha dato il potere a un malfattore – nel senso di “fatto dal male” e di “facente il male” – mi angoscia e impoverisce sempre di più.
Non penso di essere di quelli che parlano vanamente del “si stava meglio quando si stava peggio”, io sento in tutte le mie corde – quella del pensiero critico e quella della anarchia purificatrice, quella della tenerezza e quella dell’insegnare, quella del fare ed inventare e quella del disagio – che questa è l’età peggiore che mi poteva capitare in vecchiaia. Resisto e continuo ad accordare le mie corde, resisto e non cedo alla malattia, oltre che all’orrore.
E un’altra cosa so di certo, che da venti anni a fianco al male che avanza e non è mai bastante, avanza anche un bene inaspettato e sorprendente: l’arrivo e la vicenda degli stranieri migranti in Italia e la nostra amicizia da allora, camminando a fianco suonando tutte le corde che sappiamo suonare insieme.

Armando Gnisci

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